Sincronicità, volume I

UomoEDonna

Il mistero dietro gli accadimenti

Parliamo ora per la prima volta del tema che ha dato il titolo a questo blog. Il termine sincronicità deriva da una ipotesi introdotta dallo studioso della psiche Carl Gustav Jung in un intorno del 1950 in relazione alla analisi di eventi di natura acausale e atemporale. Anticipo che io non sono un esperto e sarò gravemente colpevole di tutte le imprecisioni che potrò collezionare sul tema a questo riguardo. Parto allora con il citare un breve passo sulle esemplificazioni che Wikipedia riporta per centrare l’attenzione sull’argomento.

La sincronicità è basata su visioni tipiche del pensiero magico, che nella vita di tutti i giorni trovano corrispondenza in eventi come il pensare a una persona e poco dopo ricevere una telefonata che ne porta notizie; nominare un numero e vedere passare una macchina con lo stesso numero impresso sulla carrozzeria; leggere una frase che ci colpisce e poco dopo sentircela ripetere da un’altra persona ecc. Cose che talvolta danno la netta impressione d’essere accadimenti precognitivi legati a una sorta di chiaroveggenza interiore, come se questi segnali fossero disseminati ad arte sul nostro percorso quotidiano per “comunicare qualcosa che riguarda solo noi stessi e il nostro colloquio interiore”.

Credo che coincidenze come quelle descritte, più o meno tutti le abbiamo sperimentate. Credo anche che, rispetto ai tempi di Jung, questo tipo di eventi seguano oggi un nuovo corso molto più accelerato rispetto ad un tempo.

E, nel presente, l’enzima che rende la sincronicità un elemento estremamente dinamico ed influente delle nostre esistenze penso sia da ricercare nella connessione continua che hanno oggi le persone nel loro ruotare intorno alla Rete. Stiamo parlando di milioni e milioni di menti costantemente connesse che piano piano trovano la strada dell’affinità reciproca, della cooperazione costruttiva, della condivisione di idee e di esperienze.

Se ai tempi di Jung le coincidenze sincroniche spiegavano le interazioni “magiche” della psiche delle persone, ai giorni nostri in cui i pensieri si fondono con estrema facilità, senza più limiti di spazio e tempo c’è il sospetto che si possano generare e si generino continuamente fenomeni enormemente più “potenti”.

Non è un segreto. E’ relativamente poco tempo che frequento attivamente questo spazio blogger. E sono rimasto colpito. Da tante piccole coincidenze. Ad esempio, uno dei primissimi blog che ho iniziato a seguire è di una arguta, energica e dinamica ragazza che ha vissuto e vive esperienze personali molto simili a quelle mie. Non c’è da sorprendersi, lo so. Le nostre vite sono romanzi che sviluppano con originalità copioni simili. Eppure, da buon vecchio fisico quale sono io, fatemi questa domanda: “Quante sono le probabilità che, tra pochi blog, ci sia quello di una persona che ha vissuto un’esperienza epistolare pluriennale come quella da noi vissuta? Con altri elementi al contorno di vita familiare così simili?”

Io vi rispondo: “Zero probabilità!”

C’è qualcosa che sfugge alla nostra comprensione, qualcosa che trascende il nostro esistere limitato, qualcosa che ci accomuna e potenzia l’energia delle nostre menti collegate.

E nel futuro questo fenomeno esploderà. Siamo solo agli albori di una nuova era.

Camomilla

Camomilla

L’amica del mattino

A casa, da diversi mesi a questa parte, abbiamo un nuovo coinquilino. Si chiama Camomilla. E’ una cricetina tenerissima che ha uno sguardo così profondo che, a tratti, sembra addirittura umano.

In realtà non è affatto detto che sia di sesso femminile, tuttavia la sua dolcezza e le sue movenze delicate e sornione ci hanno fatto decidere che sicuramente è una femminuccia. La foto che le ho fatto non le rende giustizia, è davvero un personaggetto grintoso e ammaliatore, che non meriterebbe proprio di stare al di là delle maglie di una gabbia. Ma quando dico a qualcuno che secondo me andrebbe liberata, giù nel parco qui sotto casa, si solleva un coro di minacce e un accorato appello alla mia ragionevolezza, perché pare opinione comune che a lasciarla libera non potrebbe sopravvivere e rimarrebbe sicuramente vittima dei gatti, di cui peraltro dalle nostre parti non c’è traccia, o peggio delle violenze sessuali di qualche topastro grigio di quartiere.

La verità, non me ne vogliano i lettori, è che io non sono questo gran animalista convinto. Amo gli animali, ma amo di più l’essere umano. Nutro una sana ammirazione per le meraviglie del creato (e sicuramente Camomilla è una di queste), ma non sento, di mio il bisogno dell’eccesso di condivisione del buonismo animalista, che spesso si incontra nei luoghi virtuali. Anzi fino a qualche tempo fa sarei stato certo che non sarebbe stato possibile un mio post che raccontasse qualcosa di Camomilla.

Il suo nome deriva dal fatto che dorme sempre. Qualche tempo fa, con mia figlia ormai maggiorenne, abbiamo letto su internet che questa specie di criceto va in letargo quando la temperatura si approssima ai 5 gradi centigradi. Dopo meno di dieci minuti la sua gabbia è stata ricollocata in terrazzo, per lasciare che la cricetina seguisse i suoi cicli naturali e possiamo dire, con l’esperienza di questi ultimi mesi, che l’articolo della rete non aveva tutti i torti. Ma c’è dell’altro.

Camomilla dorme tutto il giorno. E quando mi sveglio presto alla mattina, ossia tutti i giorni della settimana, perché io sono un viaggiatore, la trovo che dorme tutta raggomitolata. Ma prima ancora che io esca in terrazzo, è come se avesse un sesto senso, si sveglia e si avvicina alla parte di gabbia verso la porta che dà sul terrazzo. Non è sempre stato così. Un tempo era schiva e distaccata. Poi, piano piano, ha preso confidenza. Ora si avvicina alla gabbia e si vede che cerca il contatto, appoggia le sue zampette sulle mie dita, mi guarda con il suo sguardo che nasconde molto di più di quello che ci si può ragionevolmente attendere da un criceto.

Lo so, non dovrei, ma ultimamente ho preso l’abitudine di darle un mezzo biscotto. All’inizio le davo i biscotti alla crusca, da un po’ di tempo invece, le compro dei biscotti al cioccolato. Solo per lei, io non ne faccio uso. Dovreste vedere con che soddisfazione prende possesso del suo mezzo biscotto e si ritira a rosicchiarlo lentamente. Io credo che in quei momenti, stia riflettendo sui misteri dell’Universo.

Qualche mattina prima di occuparsi del biscotto, si attarda a giocare, dico io, con i polpastrelli delle mie dita. A volte ci affonda i suoi denti aguzzi, ma li ritrae subito. Magari sono io che proietto in questo suo agire qualche mia affettuosa fantasia, ma mi sembra veramente che nel suo gesto e nei suoi occhi ci sia soprattutto il bisogno di relazionarsi con un altro essere. Non importa se poi il mio dito sanguina un po per una mezz’ora, il suo gesto mi sembra nascondere così tanto vero affetto che non è grave far sapere che Camomilla esiste. In fondo è normale anche per noi, a volte, ferire le persone che amiamo.

Comunque sia, questa cricetina, prima o poi, va liberata.

L’Amante

Amante

Lo vedo da lontano, cammina senza convinzione, spingendo i passi in direzioni sempre un po’ diverse. L’argine lo vincola a seguire un flusso, un percorso in qualche misura obbligato che lo porterà al ponte successivo. Lì potrà decidere di tornare indietro o proseguire ancora, fino al collegamento seguente verso l’altra sponda. L’altra riva del fiume, il luogo dove lei sta aspettando, invece, sembra troppo lontana per il suo incedere.

E se non fosse sull’argine, se fosse su un prato di erba tagliata di fresco, il suo passeggiare disegnerebbe solo un cerchio malfermo, fatto di accelerazioni e di soste, di scostamenti laterali e di sguardi verso il vuoto.

Lo vedo da lontano e capisco che è indeciso, ma non è una esitazione dettata dal ricordo concitato del suo membro dentro di lei o dal calore ancora acceso di una carezza di lei sulla sua guancia, è un’incertezza piena di pensiero. Si ferma e rivolge il volto al fiume, ma non vede le increspature sull’acqua che spezzano la morbida sequenza del canneto. Non vede il topolino che rincorre la riva cercando la tana e non vede sul pelo della superficie i cerchi concentrici con cui la libellula azzurra sta giocando. Il suo sguardo è meccanico, guarda lontano i pro e i contro di una situazione che non governa. E riparte con il passo malfermo verso il ponte che non varcherà.

Chiudo gli occhi e mi sembra di vederlo da vicino, il volto teso e le guance rubizze cariche di tensione. Vuole uscire dai capillari della pelle per liberare finalmente la sua mente dai pensieri. Essi sono affollati dai lunghi capelli biondi e dal fascino delle espressioni di lei, dai tratti originali del suo volto, dall’eleganza con cui le caviglie si innalzano verso le gambe e dalla profondità del suo sguardo. Ma anche se i suoi pensieri parlano di tutto questo non riescono a non concentrarsi su quello che sarebbe giusto fare, ragionevole per lui e per la sua storia di uomo, su quello che il resto del mondo si aspetta che lui faccia e su cosa succederebbe fra qualche anno di tutte quelle immagini di lei che gli affollano la mente. E vedo anche la sua paura proiettare quello che lei penserà di lui quando il magico desiderio dell’imprevisto avrà lasciato il posto alla consuetudine della vicinanza.

Ho gli occhi chiusi e comunque lo sento arrivare alla soglia del ponte, lancia una rapida occhiata verso l’altra sponda con la testa sempre china e lo vedo invertire la rotta. Sembra per un attimo aver preso coraggio, sembra camminare più deciso e spedito, forse preda di un fugace benessere suggerito dalla convinzione che decidere qualcosa sia più importante di lasciare il ricordo di lei vagargli nella mente su quell’argine punteggiato di sparuti podisti. Ma bastano pochi passi decisi, che subito si fanno avanti i passi indecisi, quelli di prima, che rallentano e fanno pensare. Anche se una decisione è già presa, ce ne è un’altra che potrebbe sostituirla. E lo seguo mentre avanza verso di me, che mi tengo in disparte senza nascondermi.

Apro gli occhi. La panchina dove sono seduto è a poche decine di passi dall’argine dove lui sta passando. Ma non mi vede, perché vede solo i suoi pensieri, i pro e i contro, senza riuscire a vedere la gioia che gli potrebbero dare le immagini di lei che gli affollano la mente. Mi oltrepassa e arriva lento ai bordi della discesa, dove l’auto l’aspetta per portarlo lontano dai suoi desideri.

L’amante di mia moglie si perde ogni giorno, per sempre, qualcosa di importante.