Un difetto delle donne

Un difetto delle donne

Da alcuni anni a questa parte sono andato consolidando un’ammirazione sempre più convinta nei confronti delle donne. Lo so, e non voglio proprio addentrarmi nelle discussioni relative agli errori che sicuramente si compiono quando si generalizza, tuttavia io credo sia un fatto incontrovertibile che l’energia che sprigiona da una donna, la flessibilità del suo pensiero e la comprensione ampia e intuitiva del mondo che la circonda sono tutti elementi chiaramente più sviluppati nel genere femminile e a mio avviso difficilmente confutabili.

Non sto parlando solo di valutazioni in media, né sto collocando queste mie convinzioni nel contesto di un qualsiasi ipotetico antagonismo tra i generi. Sono convinzioni che più tempo passa più si radicano. Il genere maschile ha altri pregi, differenti. Anzi forse, mi verrebbe da dire, il genere maschile tende ad essere molto forte su alcuni tratti caratteriali che per loro natura sono bivalenti. Possono essere a seconda della circostanza e del campo di applicazione un grande pregio oppure una funesta sventura. Ma l’obbiettivo di questo articolo è quello di accendere un piccolo riflettore su una sfiga comune a quasi tutte le donne e quindi degli eventuali pregi degli uomini, ammesso che ce ne siano, per oggi ci dimentichiamo. Dei difetti degli uomini, poi, non ci possiamo proprio occupare in questo blog, perché questo luogo virtuale, come dichiarato in un vecchio articolo, concede spazio solo ad articoli di dimensione contenuta. 😉

Bene, veniamo al sodo. Nel tempo ho vissuto sulla mia pelle e ho visto in mille casi quella che mi sembra una caratteristica peculiare e diffusissima in tutte le donne. E’ un tratto che compare quasi dal nulla e rimane seminascosto dietro ai loro modi gentili e alla dolcezza, sensibilità ed eleganza che contraddistingue il loro agire.

Non so se vi è mai capitato di osservare, ma, quando una donna raggiunge un adeguato livello di confidenza con una persona, specialmente se dell’altro sesso, arriva sempre il momento in cui si fa strada in lei una convinzione inamovibile. La certezza che solo lei sa cos’è bene per la persona che ha vicino. Più della persona stessa.

Che sia un figlio, un amico, un amante, un marito o qualsiasi altra figura a lei vicina a cui lei vuole dell’affetto sincero, in lei scatta in automatico questa improvvisa visione profonda di cosa sia necessario a quella persona per stare bene, per essere completa, per vivere serena e non commettere errori.

Io credo che questo sia un effetto collaterale, sicuramente tollerabile, ma estremamente spiccato e a tratti limitante, del gene della maternità che esse portano fortunatamente con sé.

Senza questo effetto collaterale molte di loro sarebbero assolutamente perfette.

Immagini dal futuro

Immagini_Dal_Futuro

Era domenica sera. Fabio, come sua abitudine, stava scaricando le riprese delle telecamere personali dell’ultima settimana. La vita stereoscopica dei suoi ultimi sette giorni sarebbe lentamente fluita nella chiavetta del suo computer. Poi sicuramente avrebbe rivisto i momenti più coinvolgenti sulla televisione 3D di casa, cercando di fissare ancor più nella memoria le emozioni di ogni passaggio.

Quasi per anticipare il piacere dell’imminente visione stava scorrendo le immagini della sua cena con Laura di mercoledì sera. Era davvero incantevole. Il suo sguardo magnetico lo lasciava sempre in uno stato di ammaliata dipendenza, al punto che il suo corpo sinuoso e armonico perdeva completamente di importanza.

Certo, qualche volta, riguardando le riprese, scopriva con sorpresa e un po’ di malcelata vergogna che il suo sguardo divagava, piombando fugace e pesante a scrutare le curve di Laura, per poi risalire di nuovo al suo volto. In quei momenti lo assalivano sensi di colpa per i suoi istinti animaleschi e, allo stesso tempo, il rammarico per non essersi attardato di più ad ammirare il suo corpo. In fondo presto, ne era certo, sarebbe stata la sua donna. E forse addirittura lo sarebbe stata per sempre.

Ora le immagini presentavano Laura sempre più grande. Lei aveva appena fatto una battuta simpatica e lui le si stava avvicinando per sfiorare le sue labbra. Risaltava sullo schermo la bellezza e la profondità del suo sguardo e spiccavano le due piccole minitelecamere posizionate appena a lato dei suoi occhi luminosi. Lei era una di quelle bellezze naturali che disdegnava i trucchi pesanti e i ninnoli di contorno al volto, ma aveva un’unico vezzo. Cambiava ad ogni uscita le cover delle sue telecamere e le abbinava a lenti a contatto colorate creando a volte contrasti spiazzanti, a volte armonie ammalianti.

Ora si stavano di nuovo allontanando dopo il fugace bacio. A Fabio, quel tipo di scene, riviste nel futuro dopo averle vissute dal vivo, generavano sempre un fondo di tristezza a cui non riusciva ad opporsi. Era un po’ come rivivere un’emozione forte avendola svuotata completamente dal contatto e dal calore che l’avevano generata. Pensò in quell’istante che prima o poi le persone avrebbero smesso di avvicinarsi mentre registravano, perché il rivedere la tenerezza vissuta da protagonisti, senza riprovarne i rintocchi sui sensi dell’agire, avrebbe svuotato i loro sentimenti.

Scacciò quello scomodo movimento dell’animo ripensando a Laura e a quello che gli aveva raccontato proprio in quella cena. Anche lei era solita scaricare i video della sua settimana alla domenica, alla fine della serata. Fu colto dall’intuizione che anche lei fosse proprio in quel momento davanti ad uno schermo a rivivere quel loro bacio fugace e si sentì invaso nuovamente da una tenerezza commossa.

   ……

Il bel volto di Stefano era sotto di me ma non lo vedevo. I miei occhi erano chiusi ed ero persa in un luogo senza tempo e senza spazio. Il palo su cui stavo salendo e scendendo con tutta me stessa, mentre lui accarezzava dolcemente le mie curve, era piuttosto rigido. Peccato solo che nelle riprese non si sarebbe visto.

Sullo scrivere in un blog

Scrittore

Sono ormai alcuni mesi da quando ogni tanto scrivo qualche frase in questo spazio virtuale. Ormai ho elaborato dei testi in quasi tutte le situazioni: di giorno, di notte, a lavoro, passeggiando lungo la campagna puntellata di nutrie, mangiando riso in bianco ricolmo di peperoncino,  da solo in mensa, ai bordi di una tavolata di ragazze mozzafiato agghindate per far colpo nel magico mondo del business. Talvolta in preda all’allegria, a volte circondato da una tristezza profonda.

Ho capito due cose in questo tempo trascorso qui. Quello che si vorrebbe scrivere è molto di più di quello che si riesce a condividere, anche perché, anche solo rileggendo dopo pochi giorni quello che si è scritto, si scopre quanto sia tremendamente facile lasciare dentro la propria testa pezzi di ragionamento fondamentali. Brilleranno come grandi assenti nel pensiero degli avventori che saranno inevitabilmente portati a chiedersi fino a dove arriva il livello di oscurità della mia psiche.

Ho capito anche un’altra cosa. Quando si parte si vorrebbe parlare di certi temi, magari dare un taglio definito al percorso del proprio blog. Poi invece, giorno per giorno, si scopre che il bello sta proprio nell’improvvisare una strada che forse alla fine arriverà vicino a dove si era pensato di andare, ma lo farà sicuramente sorprendendo solo noi stessi.

Dovrei parlare di argomenti tutti diversi e invece mi ritrovo a dilungarmi in inutili riflessioni sullo scrivere in generale, mentre penso al prossimo raccontino in via di pubblicazione, un raccontino un po’ così, che magari, se qualcuno lo leggerà, potrebbe pure scandalizzarsi.

La verità più autentica è che quando si comincia qualcosa di nuovo, siamo soprattutto, inevitabilmente dei bambini. E questa sensazione è forse l’unica ragion d’essere di questo luogo.

Il principio di indeterminazione applicato alle relazioni umane

L'autore_si_dispera

Il principio di Heisenberg rivisto

Nella fisica quantistica esiste un famoso principio, il principio di indeterminazione di Heisenberg, che sancisce come non sia possibile sapere nulla di esatto. Appena si cercano di approfondire i dettagli, appena si cerca di misurare con la massima precisione possibile un sistema o una qualsiasi sua componente, inevitabilmente, con la nostra presenza, perturbiamo il sistema stesso e quello che da lui riusciamo a recepire non è più quello che lui era in origine.

Quando si affrontano questi temi della fisica diventa difficile non sentirsi trasportare alla periferia della filosofia. Gli stessi testi con i quali è stata sviluppata la teoria, riportano frasi che fanno pensare:

Nell’ambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono ad una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere è piuttosto rimesso al gioco del caso

Recentemente, accadimenti personali, sicuramente non dissimili da milioni di eventi analoghi che tutte le persone sperimentano ogni giorno, mi hanno fatto riflettere molto su questo principio e sul fatto che esso si può applicare, con le dovute riproporzioni, ad una infinità di altri ambiti.

Nelle relazioni umane, poi, il principio di indeterminazione e le sue conseguenze spesso tutt’altro che piacevoli, si applicano con una precisione che io trovo sconcertante. Anzi ho il sospetto che alla base di una parte dell’incomunicabilità che a volte assale le persone ci stia proprio questo principio.

Come nella fisica se si cerca di misurare qualcosa lo si modifica al punto di non poter sapere com’era in realtà, così nell’interazione tra gli uomini la comunicazione reciproca modifica continuamente i comportamenti.

Quando poi la relazione coinvolge la sfera sentimentale il fenomeno esplode.

Perché è naturale voler misurare l’altro, sapere quanto è in sintonia con il nostro sentire, e vogliamo che la nostra percezione sia perfettamente in linea con quello che l’altra persona realmente prova e non con quello che noi vorremmo che lei provasse per noi.

E lì cominciano i problemi.

Non possiamo accettare che la persona che ci è vicina non sia naturalmente sé stessa, perché vogliamo conoscere esattamente come vive la nostra interazione. Ma non possiamo avere la sua spontaneità se trasferiamo il nostro sentire, le nostre emozioni e i nostri desideri senza nessun filtro, perché automaticamente modificheremmo i suoi comportamenti. Il nostro affetto potrebbe “costringere” la persona a seguirci anche al di là di quello che autenticamente prova, la comunicazione esplicita dei nostri desideri potrebbe “facilitare”, rendere banale e privo di sostanza il compito delle persone che vogliamo si avvicinino ai nostri bisogni. Vogliamo che lo facciano nella piena libertà, e senza vanificare la purezza della nostra relazione.

E’ un meccanismo intrinsecamente inevitabile e tristemente spietato. Interagire, vuol dire un po’ misurare l’affinità di chi abbiamo vicino. E per valutarla avremo bisogno di “perturbare” la sua spontaneità. E la misura che ne deriveremo difficilmente ci potrà condurre alla completa comprensione di quanto vicini realmente siamo.

Io credo che questo principio stia alla base dell’incomunicabilità tra le persone, molto di più della loro presunta incompatibilità. Quest’ultima spesso è più il risultato del bisogno del non dire e del non condividere che sta alla base dei meccanismi che ci servono per capire meglio come siamo fatti. Proprio come i fisici, che per studiare le traiettorie delle particelle fanno finta di non essere interessati alle particelle stesse, ma vanno a vedere gli effetti che esse generano intorno a loro.

E, non credo sia una coincidenza, anche nelle relazioni umane, come nella fisica, “il gioco del caso” finisce spesso per avere un peso determinante. Perché diventa l’elemento chiave per risolvere l’indeterminazione di fondo di ogni nostra dinamica.

Cambiare

UscireDalGuscio

A volte ci si sente come se l’unico modo per affrontare il futuro richieda un cambiamento repentino. Prima dentro il guscio, poi fuori dal guscio. Quel che si trova fuori è completamente sconosciuto, ma quello che c’era dentro era tutto, troppo, ben noto.

Le onde della vita

Margherite

La stabilità e la meccanicità

A volte mi chiedo cosa manca alla mia vita perché sia conforme alle mie aspettative. Più ci penso e meno ne vengo a capo.

La vita è fatta di alti e bassi, l’esistenza è una noia, non ho avuto un attimo di respiro in tutta la giornata, vorrei scrivere ma non ho mai tempo per farlo, quella donna meravigliosa non si accorgerà mai che esisto, dovrei dedicare più tempo alle persone che amo, non devo dare peso alle cose dette d’impulso, devo rifuggire la piattezza delle consuetudini, non devo fare le cose che so già in anticipo che mi daranno fastidio, devo evitare di bere troppo vino, ogni tanto devo farmi ispirare da un bicchiere di vino, …

Tutte frasi che si possono applicare e spiegano che quasi mai nella vita si è in sintonia con i nostri desideri.

A volte mi capita di passeggiare per il centro nelle ore di punta del fine settimana. Forse sono preso da un delirio di onnipotenza, forse sono solamente sfortunato, ma guardando le persone che camminano, le coppie in particolare, mi sembra di vedere soprattutto infelicità. Vedi un ragazzo e una ragazza bellissimi, che camminano vicini l’uno all’altra, sguardi vivi e intelligenti, ma nel volto di ciascuno di loro è dipinta un’espressione come di disagio esistenziale, qualcosa che li tiene lontani come se fossero ognuno a passeggio con qualcun altro.

Non so bene perché succeda questo, ma avremmo tutti bisogno di svegliarci alla mattina e avere delle certezze, delle persone su cui contare ciecamente per sviluppare noi stessi, un contesto sociale senza frenesie eccessive ed eccessi frenetici che ci consenta di esprimere la nostra personalità. Ci vorrebbe una stabilità libera dai condizionamenti e dalla ripetitività, per non farci vivere immersi nella meccanica quotidianità che ci dipinge in viso il disagio esistenziale.

E invece ci svegliamo senza certezze, con intorno persone smarrite come noi, immersi in un mondo frenetico ormai insostenibilmente incline alla confusa meccanicità.

Sosta

fiori_sosta

Fermare il momento

A volte mi è chiarissimo che in me c’è qualcosa che non va.

Hai un appuntamento di lavoro importante, sei in ritardo, hai già percorso centocinquanta chilometri, te ne mancano un’altra manciata per arrivare dove devi arrivare. Fuori c’è una giornata limpida, un sole primaverile, le colline punteggiate di fiori che ti lasciano il dubbio di non essere fiori, ma il residuo di una polverosa nevicata notturna.

Passi una piccola collinetta e segui l’ondeggiare della strada con stanchi movimenti del volante mentre la testa è da un’altra parte. Ripensi al colpo d’occhio di qualche istante prima: la collina brulla che per qualche motivo pandemico senti che sta rinascendo nel suo primaverile splendore e ha scelto un piccolo rettangolo fiorito per fartelo sapere.

Prosegui per un chilometro, forse due, pensando alla riunione che ti attende. Ma nella testa c’è spazio solo per un rettangolo fiorito. Inchiodi, inverti la rotta, imprecando perché la macchina fotografica è stata dimenticata. Risali lo stesso la collinetta all’indietro e accosti l’auto. Ti fermi davanti ad un metro quadro di prato fiorito, scatti una foto col cellulare e stai in silenzio come quando sei stato davanti alla tomba di Jim Morrison.

Sei in ritardo.

Chissene.

Esiste

Tramonto1

Passaggi

Esiste uno spazio molto ampio nella vita in cui si cerca costantemente di essere in armonia profonda con un’altra persona. Nel tempo la persona può anche cambiare, ma la tensione all’equilibrio è la luce che ci guida in ogni istante. …

Produttori di Ricordi

Ricordare

I ricordi che generiamo negli altri misurano la nostra vita

Qualche giorno fa ho letto il post di un caro amico. L’articolo, intelligente e toccante, parla della memoria e del tempo. Sono temi affascinanti e, anche se spesso tendiamo a dimenticarlo, sono il centro della nostra vita.

Da quando ho letto quell’articolo ripenso moltissimo ai ricordi importanti e ricchi che sto accumulando in questo periodo della mia vita. Le nostre vite non sono solo l’elenco di quello che ci accade, sono soprattutto il legame che collega gli eventi tra loro e la relazione con le persone che ne fanno parte; tutto si sviluppa fino a generare la percezione del tempo e dello scorrere delle nostre esistenze, che sono tutte incastrate le une sulle altre come in una specie di ingranaggio che a piccoli scatti porta a compimento i passi di ognuno di noi. E con piccolissimi, infinitestimi movimenti porta a compimento qualcosa di più ampio di cui i nostri io sono solo parziale espressione.

Ogni scatto di questa macchina che ci accomuna, lascia un ricordo a testimoniare che c’è stato un passaggio condiviso.

Spesso siamo portati a pensare, specialmente chi come me esteriormente non è più l’adolescente che ha ancora dentro di sé, che presto arriverà il momento di valutare l’esito della nostra vita. E capita inevitabilmente di immaginare che esistano dei parametri assoluti per misurare quanto “bravi”, forti, influenti, ingegnosi, coinvolgenti siamo stati.

Io non credo sia così.

Non credo nemmeno esista una “memoria collettiva”, che vada riempita con il nostro lascito, per la quale un giorno si possa dire: “E’ esistito Caio o Beppe o Gastone”. Sì, forse di qualcuno di noi sopravviverà il nome, e comparirà sempre più sfumato, in qualche libro di storia o dentro l’incerta consistenza di un motore di ricerca.

Oppure forse di qualcuno rimarrà nel tempo il segno di un suo gesto eccezionale o estremo, che colpirà l’immaginario collettivo alla bocca dello stomaco. Ma la mia sensazione è che non sarà lì che si misura la nostra vita. So di andare controcorrente, ma il gesto finale di un Robin  Williams, per il quale ho sempre provato un’ammirazione straordinaria, ha paradossalmente ridimensionato una parte così importante della sua opera che io provo quasi imbarazzo all’idea di rivedere un Attimo Fuggente o una Leggenda del Re Pescatore.

Ecco credo che la misura vera delle nostre vite stia da un’altra parte. Nel ricordo labile ed effimero che lasciamo in ogni istante alle persone che ci circondano, con cui cerchiamo di costruire qualcosa, con cui condividiamo il nostro affetto, il nostro tempo e la voglia di crescere.

Niente di altisonante, né di eterno.

Siamo noi che facciamo rivivere con la forza delle nostre emozioni e della nostra condivisione la magia di un passo ottocentesco o di un film degli anni cinquanta. Lo facciamo per fissare dei ricordi in noi stessi e soprattutto in chi ci sta vicino.

La simbiosi delle nostre menti e delle nostre emozioni. Quella è la chiave di volta per capire dove stiamo andando.

Anima Libera

spazio_libero

Ognuno di noi ha una voce interiore che lo spinge ad essere unico, libero ed indipendente dal mondo che lo circonda. Quella voce ci aiuta ad esprimere quella parte di noi stessi che ci differenzia dalle altre persone. Spesso siamo confinati dentro a consuetudini e regole che vorrebbero limitare proprio quella parte di noi e l’anima libera si dibatte per trovare il suo spazio.

E’ la nostra anima libera quella che fa desiderare la luce, gli spazi ampi, l’arrivo della primavera nell’aria dopo il lungo inverno, il vento carico di ossigeno che corre lungo le narici scendendo un pendio. Che ci porta a camminare a fianco di qualcuno con il quale sentiamo affinità di spirito e con il quale condividiamo l’assenza di vincoli, da subire e da imporre.

L’anima libera che abbiamo dentro di noi non vuole nemmeno prevalere sulle altre voci del nostro io interiore. Sa aspettare, sa farsi piccola per amore o per passione, per trovare il giusto equilibrio con le persone intorno a noi e con il mondo e le regole arcigne su cui si fonda. Ma, troppo spesso, dimentichiamo che è proprio il rispetto per la nostra anima libera e per quella di chi ci sta vicino la base della felicità e del nostro completamento come persone.