Sully

Divagazione introduttiva

Tom Hanks è uno dei mie attori preferiti. E Clint è uno dei miei attori preferiti e soprattutto uno dei miei registi preferiti.

E’ facile dunque immaginare che, qualsiasi sia la mia opinione su questo film, essa risulti inevitabilmente rimaneggiata dalla mia interiore buona predisposizione verso questi due protagonisti. Per questo motivo, è passato un po’ di tempo da quando ho visto questo film, ma ho aspettato a scrivere queste poche righe e non citerò le cose che mi sono piaciute.

Mi piace condividere una riflessione, un pensiero che mi percorre sempre quando vedo un film di Clint Eastwood. Non si parla della bellezza delle sue storie cinematografiche, ne si parla di questa sua deriva degli ultimi anni a raccontare storie per lo più tratte dalla vita reale. Perché le storie reali, spesso, sono molto più romanzate di qualsiasi romanzo.

Il pensiero che mi pervade quando vedo un suo film recente è semplice. Vorremmo tutti alla sua età avere la stessa voglia di esistere, la stessa voglia di raccontare, la stessa voglia di non essere mischiati al ricordo di noi stessi. Se vogliamo, in una certa misura, mi sembra quasi che in questi anni lui si stia accanendo a raccontare storie vere, perché nel sorprenderci nel fare questo lui vuole lasciare la traccia che anche la sua vita è romanzata alla pari di queste storie.

E su questo personalmente non ho nessun dubbio.

Il Film

Un ammaraggio straordinario salva la vita di molte persone.

Ma nel mondo di oggi gli eroi funzionano bene se sono contrastati. Loro internamente, meglio se ostacolati da una mentalità sociale che sguazza nel dubbio e ricerca il difetto. Perché il difetto dell’eroe, il suo errore, la possibilità che qualcuno dall’apice del successo sia sprofondato nel buio della vergogna vale moltissimo. Prima ancora economicamente, che in termini di audience.

La storia volutamente segue la traccia del documentario, scostandosi da esso per l’effetto tumultuoso dei conflitti e dei dubbi che assalgono il protagonista. Da questo punto di vista il film ha dell’originalità, per la struttura narrativa e, appunto, per questo mix omogeneo di fraseggi emozionati, emulsionati con la cronaca documentaristica.

Ma l’elemento chiave del film, a mio avviso, è ben nascosto nella narrazione. Nel mondo di oggi dell’aviazione civile le regole, le standardizzazioni e le schematizzazioni sono la chiave di quello che forse è l’unico prodotto commerciale in cui l’insuccesso di una qualsiasi delle imprese del settore può impattare drammaticamente sul business di tutti. Regole e schematizzazioni sono evidentemente la base del livello del servizio e della sicurezza che oggi, per lo più, sperimentiamo quando voliamo. E il racconto di questo film stravolge questo paradigma. Non ci saranno mai abbastanza regole, abbastanza automatismi, abbastanza potenze di calcolo degli elaboratori di bordo per superare la devastante superiorità dell’intuizione umana supportata dall’esperienza.

Esiste quasi una formula matematica nella costruzione del film, una specie di editto come quello di quando si insegnavano le proporzioni alle medie: “A sta a B come C sta a D”.
Il documentario sta all’emozione del protagonista come le regole schematiche del volo assistito stanno all’intuizione dell’eroe. In pochi secondi la scelta sulla vita di centinaia di persone.

Ligths out

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Divagazione introduttiva

Era molto tempo che non andavo al cinema a vedere questo genere di film.

Nella mia esperienza il genere horror si presta a cocenti delusioni: mi può appassionare moltissimo, ma troppo spesso sconfina sui binari della scontatezza o peggio cerca di generare la tensione spingendo su cliché triti e ritriti come l’uso dei bambini per alimentare la paura attraverso l’uso improprio della compassione e della naturale affettività delle persone adulte. Questi espedienti da sempre li ritengo davvero una codardia.
Per questo mi avvicino al genere horror solo con parsimonia e con una certa diffidenza. Nonostante questo la delusione è sempre dietro l’angolo.

Per il film Ligths Out la prudenza era al massimo, così come la predisposizione all’insoddisfazione. Il trailer l’ho trovato molto accattivante, ma i commenti sparsi in giro sul web erano tutt’altro che incoraggianti, e quindi, come spesso succede, il film l’ho visto più per una coincidenza di eventi che per determinazione.

C’era un’ultima questione che mi frenava. Uno degli ultimi film horror visti al cinema (così capirete quanto tempo fa è accaduto) era Drag Me To Hell. Un film a cui sono molto affezionato. E quando ti affezioni ad un film di una certa tipologia e di una certa fattura per un genere cinematografico si ha quasi paura di rischiare di scalzare le emozioni e la predisposizione che ti ha lasciato. Ma in questo caso, non mi posso proprio lamentare. I commenti lasciati sul web, a mio avviso, erano un po’ troppo severi, poco lungimiranti. In questo film ho trovato originalità sopra la media, tensione in giusta misura, non fine a sé stessa ma armonica con la storia e qualità molto sopra la media del genere.

Il Film

L’idea del film non è niente male. Una rivisitazione originale e intensa della paura del buio. Già questo risultato vale qualcosa.

Il film ha un ritmo continuo, senza eccessi, ma anche senza pause e non si rimane mai ad aspettare che succeda qualcosa. Nel genere horror, una parte della sua intensità dipende dal fatto che lo spettatore si aspetta sempre che stia per accadere qualcosa che sconvolga la sua pace. Una parte del “terrore” è quella che lo spettatore cova dentro se stesso. Anche in questo film accade tutto nella stessa maniera secondo i paradigmi classici dell’horror. Ma tutto ciò che avviene, o quasi, è un po’ diverso da come ce lo si aspettava.

La qualità del film forse è proprio da ricercare in questa sua aderenza ai classici del genere, mantenendo lo spazio per trovare espedienti sempre un po’ nuovi allo sviluppo della tensione. La coppia di attori che impersonano i due fratelli non è male. Il ragazzino è molto bravo, così come la sorella. Effettivamente il film, con poco di più, sarebbe potuto diventare un cult. Finisce un po’ di corsa, in una maniera largamente prevedibile, e questo è il suo limite più grande, concedendosi verso la fine lo spazio per uno svarione improbabile rispetto al resto dello suo svolgimento sempre molto credibile in ogni dettaglio.

Probabilmente dieci o venti minuti di film sviluppati ad intrecciare qualche possibile finale alternativo aumentando la costante tensione dello spettatore avrebbero reso questo film molto più incisivo. E’ un peccato. Perché le idee erano buone e la fattura non era affatto male, con i tempi della paura scanditi con esperienza.

Ghostbusters

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    Divagazione introduttiva

È periodo di revival. Come sempre nel mondo del cinema. E il vecchio Ghostbuster era un’occasione assai ghiotta da non farsi perdere.

Sono andato al cinema in una serata estiva un pò noiosa, in cui l’unico obiettivo poteva essere trascorrere due ore senza pensieri e qualche risata. Il banco di prova ideale per questo film.

La predisposizione era ottimale: nessuna reale attesa, un pò di nostalgia da colmare, solo il desiderio di rilassarsi.

L’obiettivo alla fine è stato raggiunto, ma i film che lasciano il segno sono un’altra cosa.:-)

    Il Film

L’idea di partenza non si discosta molto da quella del capostipite Ghostbusters. La novità è costituita dalla composizione della squadra, un po’ pensata all’inverso in maniera speculare a quella del modello originario: quattro donne in parti complementari e un ragazzotto bellone e stupidone avulso dalla mischia.
E’ uno schema visto in altri casi recenti e che vedremo sicuramente in altre perllicole future. La figura femminile, inserita nel ruolo dell’eroina, si presta in maniera particolare a calcare la figura dell’eroe secondo degli schemi più interessanti e moderni rispetto agli eroi classici dei film d’azione. Offre una maggiore credibilità a creare situazioni scanzonate, lasciando ampio spazio alla sottolineatura del carattere forte e senza macchia che lo stereotipo di eroe deve impersonare.

In realtà la specularità rispetto al copione di anni fa è originale e molto ben costruita e non mancano i passaggi simpatici e anche davvero comici. C’è la figura dell’ingegnera “pazza” che è una interessante caricatura di altri personaggi del cinema storicamente assegnati al campo maschile. E la comparsa di Bill Murray all’interno della trama è curiosamente inaspettata e intrigante, ancorché troppo stringata.
Peccato che si esca dal film con la sensazione che con poco di più si sarebbe potuti godere una trama un po’ più incisiva e coinvolgente. A volte capita di assistere a film che si avvicinano molto al distinguersi dall’incolore media, ma si capisce perfettamente che chi li ha pensati, volontariamente, non è voluto uscire dai binari della scontatezza e degli schemi semplici.
E, a mia sensibilità, questa è una di quelle volte.

Star Trek – Beyond

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    Divagazione introduttiva

Quando si parla di Star Trek credo venga naturale fermarsi un attimo a contemplare un po’ tutta la storia del cinema e delle serie tv. Oggi la battaglia mediatica si gioca su moltissimi fronti. Sull’uso di tecnologie cinematografiche sempre più sofisticate, ma anche sullo spregiudicato utilizzo di espedienti narrativi per portare lo spettatore dentro al suo pieno coinvolgimento emotivo quasi senza che lui se ne accorga. Di questi tempi si assiste ad un brulicare continuo di serie tv, molte sono appassionanti e geniali, altre sono più scontate e meno curate nei dettagli, ma sempre molto sapientemente orchestrate fino a rendere lo spettatore occasionale finalmente recidivo.

Fino a qualche anno fa gli appassionati di Star Trek avevano vissuto il ricordo di una serie tv davvero indimenticabile, la cui forza era il mix originale che veniva sviluppato in ogni puntata tra l’azione fantascientifica, l’equilibrio tra i personaggi protagonisti e la morale che percorreva sempre tutte le storie di cui l’astronave Enterprise era protagonista. Non si può paragonare realmente una serie di quarantanni fa con le serie di oggi. Eppure quella rimane una serie televisiva che ancor oggi si può guardare.

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Per contro, negli anni, erano stati innumerevoli i tentativi di portare sul grande schermo le avventure dei vari Kirk, Spock, McCoy, Scott. Tutti tentativi persi nel grigio dell’anonimato. Poi, improvvisamente, si è compiuto un piccolo miracolo del cinema. Solo i fan della serie originaria possono comprendere appieno quale magia abbia computo il regista JJ Abrams con “Un nuovo inizio” e poi ancora con “Into Darkness”. Rivedere sullo schermo esattamente lo stesso Kirk, Spock, McCoy, Scott e tutti gli altri di un tempo, con dei volti completamente assai diversi da quelli originali, e sentire subito dentro di sé il pensiero: “Sì sono esattamente gli stessi di un tempo” … beh, io credo sia davvero un piccolo miracolo cinematografico, non riuscito a nessun altro nella storia del cinema.

Quando le premesse sono queste mantenere la passione di film in film non è facile.

    Il Film

E’ un film dal ritmo serrato. Azione continuata, con belle trovate e suggestive ambientazioni. Non amo tuttavia l’abitudine consolidata dei film di azione moderni che costruiscono scene così veloci da rendere in alcuni frangenti persino difficile seguire i movimenti di personaggi, astronavi e accadimenti. A volte mi viene il sospetto che il ritmo sia volutamente spinto ad un livello così alto per non rendere possibile all’occhio umano l’individuazione delle anomalie negli effetti speciali che sarebbero troppo costose da eliminare.

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Nel film ci sono un paio di passaggi assolutamente fantasiosi che portano la trama dal fantascientifico al “simpatico”, passaggi che hanno a che fare con la musica e con le moto che francamente avrebbero potuto trovare più convincente deriva. Quello che invece è sicuramente ben riuscito è la creazione dell’idea di equipaggio della USS Enterprise, nonostante ultimamente la nave manchi spesso all’appello. Bisogna ammettere che il coinvolgimento dello spettatore dentro l’equipaggio della nave del cuore, con queste inquadrature a schermo pieno sui personaggi e sui loro dialoghi serrati, risulta estremamente efficace. Molto curate sono le relazioni tra i protagonisti, e le allusioni eleganti a quella che era stata la storia fondante della serie originale.