Diversamente eroina

Aveva poche decine di minuti prima di iniziare il suo turno allo sportello. Doveva cercare nuove irregolarità, vere o presunte che fossero, non era importante, non ci sarebbero state differenze. Se la ricordava bene l’ultima generosa una-tantum: un premio accuratamente calcolato con una formula a partire dal numero di cartelle esattoriali che aveva fatto uscire l’anno prima.
Per cui, selezionando qua e là qualche codice fiscale, pregustò l’arrivo del nuovo anno.
Il lavoro allo sportello era difficile, ma le riusciva naturale. Proprio per questa sua abilità aveva fatto un po’ di carriera. Selezionò la maschera muro di gomma e si mise davanti alle persone, spingendo il pulsante e alzando i suoi occhi annoiati al rosso display che sanciva il numero fortunato del prossimo utente.
Il primo era un omone grezzo e accigliato, partì con uno stentato italiano rivendicando ingiustizie subite e continuò tuonando in un crescendo dialettale sfiorando l’insulto. Alle sue urla lei reagì con indifferenza, scuotendo la testa e spingendo un po’ più avanti il suo busto. E l’uomo calò il tono con lo stesso ritmo con cui scese il suo sguardo. Se ne andò scontento continuando a imprecare ad alta voce dentro se stesso.
Seguì una donna, una commercialista. Con loro ci si intendeva facile. Erano tutti parte dello stesso ingranaggio. Veniva per conto di un suo cliente a cui era stato contestato il mancato pagamento delle rate di un’altra cartella. La posizione invero non mostrava anomalie, ma fu facile convincere la commercialista che sarebbe stato un equo scambio riconoscere sì i pagamenti, ma tenere la multa per imprecisati errori formali.
Fu il turno di un signore distinto. Alto e brizzolato. Il viso profondamente triste. Provò a spiegare che i soldi non ce li aveva. Supplicava. Lei sbirciò a terminale la sua posizione. Un debito con lo Stato non elevato, ma da quattro anni non vedeva stipendio, e le sanzioni crescevano. Prima di quella tristezza doveva essere stato un bell’uomo, per questo fece uscire la frase di circostanza ripetuta già mille volte accompagnandola con un bel sorriso. Lo salutò con tenerezza, mentre un vecchio dietro di lui già incalzava.
Finse di ascoltare l’anziano, che si lamentava delle tasse sulla sua pensione, ma il suo sguardo seguì il lento incedere dell’uomo. Lo vide uscire, fare qualche passo ancora, finché gli si fece vicino una donna. Le sembrò di essere in un cinema di seconda visione. Il suo campo visivo era coperto in gran parte dal volto rugoso del vecchio ciarliero, ma a fuoco vide solo la donna porgere un borsello all’uomo. Parole tra loro. Si protese calda a stringerlo tra le braccia. Rimasero così forse trenta secondi, poi lei si voltò, una mano nella sua e si girò di lato per allontarsi, ma il suo braccio si tese sempre più, perché lui non si muoveva. Estrasse invece qualcosa dal borsello, se lo puntò alla testa e crollò come un sacco vuoto.
Il resto del giorno fu confuso.
Era prevista una sessione di lavoro pomeridiana. Un importante dirigente doveva presentare i nuovi obiettivi da raggiungere. Era alto e mentre parlava di profilo guardando ora lo schermo, ora la platea, il suo ventre piatto faceva intravedere sotto la camicia aderente una malcelata tartaruga. Le sarebbe piaciuto essere la sua segretaria.
Il dirigente parlava delle nuove strategie. Non era grave far uscire cartelle pazze. Il ventisette percento dei contribuenti pagava comunque anche senza avere torti. Bisognava solo stare molto attenti e selezionare i contribuenti con disponibilità economiche commisurate alle multe e su quelli concentrare gli sforzi per la nuova campagna.
Arrivò il momento delle domande finali, dopo gli applausi per l’avvincente presentazione. E non seppe nemmeno bene perché le uscì quella stupida domanda.
«Ma voi? Che cazzo ci dovete fare con tutti ‘sti soldi?»

11 thoughts on “Diversamente eroina

  1. lamelasbacata 19 Novembre 2016 / 17:01

    Mi hai lasciato senza fiato! Hai descritto benissimo l’orrore rassegnato di chi vede la propria vita passata al tritacarne senza poterlo impedire. Mi piace il ripensamento finale della donna, la coscienza che bussa alla porta. Bello davvero.

    • Pj 19 Novembre 2016 / 17:23

      Grazie mille, Mela! 🙂
      È un commento che mi fa davvero piacere. È una vecchia idea che covava da lungo tempo per via di qualche accadimento personale collegato. È risaltata fuori in tempi recenti quando ho deciso di partecipare ad un concorso di racconti dal tema orripilante: “Come eroi” impegnati nel sociale.
      Il tuo apprezzare il racconto e il ripensamento finale della donna mi è risultato ancora più gradito!

  2. Diemme 20 Novembre 2016 / 8:41

    A me invece ha lasciato un po’ d’amaro in bocca, specie perché nella vita di tutti i giorni difficilmente c’è il ripensamento finale. Siamo ingranaggi, forse persino ben oliati (non nel senso di remunerazione, ma di condizionamento), che devono lavorare per bene per la ricchezza e il potere di un’entità sconosciuta.

    • Pj 20 Novembre 2016 / 9:36

      Anche se nel caso di questo racconto si sa molto bene quale sia l’entità superiore per la quale il perfetto ingranaggio è stato magicamente costruito. 🙂 E’ che facciamo tutti finta di non essere condizionati. L’amarezza forse deriva proprio dal fatto che sappiamo e, in forma differente, ma facciamo tutti come l’eroina del racconto.
      James Taylor non mi appassiona a parte pochissimi pezzi come quello che hai condiviso. Per noi che facciamo finta di niente questo mi sembra molto più adatto.
      https://www.youtube.com/watch?v=C29Fs-WNIrg

  3. ili6 20 Novembre 2016 / 16:44

    Il racconto scivola veloce e accompagna un misto di sensazioni, anche personali per esperienze trascorse. Inutile dirlo, ma sappiamo bene che ci sono lavori “sporchi” e uno di questi è essere impiegato al ministero delle entrate. Ormai ci sorprendiamo quando lì incontriamo un angelo, un eroe, nel caso opposto diviene consuetudine. Purtroppo.

    • Pj 21 Novembre 2016 / 0:06

      È facile incontrare tracce di esperienze personali in questi generi di racconti.
      Di per sé il lavoro non sarebbe nemmeno “sporco”, ma il sospetto che chi guida dall’alto queste realtà sia tra i primi a “razzolare male” è inevitabilmente molto alto. 🙂

  4. Signorasinasce 24 Novembre 2016 / 8:21

    Bella prosa, complimenti pj.
    La tematica è purtroppo è quanto mai di attualità.
    E ti garantisco che chi guida dall’alto “razzola malissimo”.

    • Pj 24 Novembre 2016 / 8:37

      Grazie mille Stefania. I tuoi complimenti sono ovviamente forieri di un pizzico di orgoglio. 🙂
      Che ci sia chi razzola malissimo alla guida in alto, purtroppo, ho anch’io una certa cognizione di causa.

      • Signorasinasce 24 Novembre 2016 / 8:42

        I complimenti sono meritatissimi????????

      • Pj 24 Novembre 2016 / 9:13

        Ecco hai rincarato la dose e l’orgoglio dilaga. 😉

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