L’Amante

Amante

Lo vedo da lontano, cammina senza convinzione, spingendo i passi in direzioni sempre un po’ diverse. L’argine lo vincola a seguire un flusso, un percorso in qualche misura obbligato che lo porterà al ponte successivo. Lì potrà decidere di tornare indietro o proseguire ancora, fino al collegamento seguente verso l’altra sponda. L’altra riva del fiume, il luogo dove lei sta aspettando, invece, sembra troppo lontana per il suo incedere.

E se non fosse sull’argine, se fosse su un prato di erba tagliata di fresco, il suo passeggiare disegnerebbe solo un cerchio malfermo, fatto di accelerazioni e di soste, di scostamenti laterali e di sguardi verso il vuoto.

Lo vedo da lontano e capisco che è indeciso, ma non è una esitazione dettata dal ricordo concitato del suo membro dentro di lei o dal calore ancora acceso di una carezza di lei sulla sua guancia, è un’incertezza piena di pensiero. Si ferma e rivolge il volto al fiume, ma non vede le increspature sull’acqua che spezzano la morbida sequenza del canneto. Non vede il topolino che rincorre la riva cercando la tana e non vede sul pelo della superficie i cerchi concentrici con cui la libellula azzurra sta giocando. Il suo sguardo è meccanico, guarda lontano i pro e i contro di una situazione che non governa. E riparte con il passo malfermo verso il ponte che non varcherà.

Chiudo gli occhi e mi sembra di vederlo da vicino, il volto teso e le guance rubizze cariche di tensione. Vuole uscire dai capillari della pelle per liberare finalmente la sua mente dai pensieri. Essi sono affollati dai lunghi capelli biondi e dal fascino delle espressioni di lei, dai tratti originali del suo volto, dall’eleganza con cui le caviglie si innalzano verso le gambe e dalla profondità del suo sguardo. Ma anche se i suoi pensieri parlano di tutto questo non riescono a non concentrarsi su quello che sarebbe giusto fare, ragionevole per lui e per la sua storia di uomo, su quello che il resto del mondo si aspetta che lui faccia e su cosa succederebbe fra qualche anno di tutte quelle immagini di lei che gli affollano la mente. E vedo anche la sua paura proiettare quello che lei penserà di lui quando il magico desiderio dell’imprevisto avrà lasciato il posto alla consuetudine della vicinanza.

Ho gli occhi chiusi e comunque lo sento arrivare alla soglia del ponte, lancia una rapida occhiata verso l’altra sponda con la testa sempre china e lo vedo invertire la rotta. Sembra per un attimo aver preso coraggio, sembra camminare più deciso e spedito, forse preda di un fugace benessere suggerito dalla convinzione che decidere qualcosa sia più importante di lasciare il ricordo di lei vagargli nella mente su quell’argine punteggiato di sparuti podisti. Ma bastano pochi passi decisi, che subito si fanno avanti i passi indecisi, quelli di prima, che rallentano e fanno pensare. Anche se una decisione è già presa, ce ne è un’altra che potrebbe sostituirla. E lo seguo mentre avanza verso di me, che mi tengo in disparte senza nascondermi.

Apro gli occhi. La panchina dove sono seduto è a poche decine di passi dall’argine dove lui sta passando. Ma non mi vede, perché vede solo i suoi pensieri, i pro e i contro, senza riuscire a vedere la gioia che gli potrebbero dare le immagini di lei che gli affollano la mente. Mi oltrepassa e arriva lento ai bordi della discesa, dove l’auto l’aspetta per portarlo lontano dai suoi desideri.

L’amante di mia moglie si perde ogni giorno, per sempre, qualcosa di importante.

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