La foto di FIK

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Oggi inizio con il salutare alcuni lettori. Sì perché il raccontino di oggi, avviso subito, è un po’ triste e per chi non è dello spirito giusto, è meglio che si fermi qui. Vi saluto con simpatia, ci si rivede presto! Ciao.

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Quella mattina sembrava procedere come tutte le altre da due anni a quella parte. Sonno, caffè, pulizia, vestizione, automobile, distributore, autostrada, viaggio. Una giornata speculare alle sue sorelle.

Invece fu diversa.

Non avevo fatto nemmeno troppi chilometri dal casello di entrata dell’autostrada, e, per i casi della vita, mi sembrava addirittura si stesse diffondendo un crescente buonumore nei meandri della mia psiche. Ma ci volle veramente poco per far virare la giornata dalla routine di sempre verso il nuovo. Non era la prima volta che partecipavo ad una coda. Ma quella, fu subito chiaro, era diversa. Arrivato in coda, rimasi subito immobile. Non fu possibile andare avanti nemmeno di un giro di ruota. E, passati pochi secondi, fu il senso di colpa per l’inquinamento che diffondevo alacremente con il mio mezzo, che mi fece spegnere tutto.

Sono questi i casi in cui, se sei fortunato, può arrivare una telefonata di FIK.
FIK è un caro amico. Davvero esperto nella sottile arte del rabbocco del bicchiere di birra. Con lui si gareggia spesso nell’estrarre le verità della vita nascoste nelle sinapsi cerebrali della nostra memoria alcolica. Verità che, ad essere sinceri, il giorno dopo non ricordiamo mai, quasi fossimo vittime di un complotto continuo contro la nostra presa di coscienza. Ma ci lasciano sempre il piacere profondo legato alla loro effimera scoperta.

FIK quel giorno era una decina di chilometri davanti a me, sulla stessa autostrada, impegnato tanto quanto me a popolare la stessa fila di auto immobili. Mi raccontò le notizie di prima mano che venivano dal fronte, anticipando una storia che, oltre tre ore dopo, avrei avuto l’opportunità di osservare attraverso la vista, edulcorata dall’operosa attenzione di vigili del fuoco, dei suoi effetti. La compenetrazione senza scampo tra due autotreni lascia il segno.

Non parlammo molto al telefono. Quando sei in un corteo, si tende a stare in silenzio. Finimmo tutti a far vagare la mente silenziosamente negli stessi pensieri. Io, lui, e tutti gli altri automobilisti assiepati su quel lembo di asfalto. E’ strano. Puoi essere in dieci in coda alle poste per pagare un bollettino e dopo poco c’è sempre qualcuno che si lamenta senza decoro con qualcun’altro. Per i torti subiti, per le lentezze agli sportelli, per gli impiegati fannulloni, contro chi fuma, contro la sorte avversa impersonata da qualche nostro simile. Per qualsiasi motivo utile ad istigare il litigio.
Invece lì, quel giorno, avevo intorno a me qualcosa come cinquemila veicoli, forse diecimila persone. Tutti in silenzio. Qualcuno intento a passeggiare, altri a fumare, qualcuno a parlare sottovoce. Tutti con gli stessi pensieri e nessuna voglia di litigare.

Quante riunioni sono saltate quel giorno? No, non saprei. Tremila? Seimila? Forse. Sicuramente un toccasana per l’economia italiana.
Ma a nessuno di noi interessava nulla di questo. Il pensiero più frequente credo fosse rivolto a quella singola persona tra noi su quel tratto di strada che si era svegliato la mattina, una mattina come tante altre tutte uguali, e aveva dovuto scoprire, forse senza nemmeno riuscire a provare vera sorpresa, che quel giorno era più corto di tutti gli altri giorni, tremendamente più corto.

Certo. Forse nella vita poteva anche essere una persona antipatica, qualcuno con cui non saremmo mai andati d’accordo, del quale non saremmo mai stati amici, nemmeno se avessimo abitato porta a porta. Eppure ognuno di noi provava per lui un rispetto profondo, una specie di riconoscenza immotivata e non perché si era sacrificato al posto nostro nel fortunale di queste nostre esistenze concentrate nella corsa continua. C’è dell’eroismo a spingere avanti la propria vita difficile, e l’eroismo, a volte, è davvero totale e se ci passi vicino, lo senti.

Alcune ore di silenzio dopo, FIK mi ritelefonò:
– Manca poco. La volante della polizia, sta per farci strada. – Mi arriva via messaggio la sua foto. La foto di FIK. – Sono davanti a tutti. – cinquemila auto pronte a ributtarsi nella mischia dietro di lui.

Alla mia altezza la coda si mosse, lentamente, molte decine di minuti dopo. E, ancora FIK, quando ormai le nostre giornate avevano già preso la loro forma finale, mi raccontò come mai ci eravamo rimessi in movimento come tartarughe disperatamente intente a cercar di perdere la gara con Achille.

Sì perché ci eravamo mossi a passo d’uomo.

La polizia, carica della verità dell’esperienza, aveva preferito accompagnare dolcemente la fila lunghissima di auto nel suo “Rompete le righe!” imponendo un’andatura rispettosamente silenziosa fino al casello successivo. E, in tutto questo lento procedere, FIK e io, vedemmo grande saggezza.

Perché quel giorno lì avevamo già dato tutti quanti. Chi poco, chi tutto.

7 thoughts on “La foto di FIK

  1. FIK 16 Giugno 2015 / 9:47

    Lusingato.
    Questo è uno degli stati d’animo che mi pervadono.
    Ho riletto il post. Come nella scena di un film onirico mi sono ritrovato nell’abitacolo della mia macchina, in coda, col motore spento e la portiera aperta.
    Stranamente, per il mio carattere, non ho inveito contro la coda e il tempo perso…
    Hai descritto appieno le sensazioni che quel giorno ho provato e che anche gli altri provavano. Non mi ero accorto, fin quando non ho letto il post, che anche gli altri A4nauti in coda come noi erano stranamente calmi, come in un rispettoso silenzio.

    PJ, grazie per l’onore di questo post….
    Al prossimo rabboco 🙂

    • pjperissinotto 16 Giugno 2015 / 18:19

      🙂 🙂 Grazie a te , FIK! Al prossimo rabbocco ricordiamoci di portare carta e penna così ci segnamo bene le verità che scopriremo.

  2. Diemme 16 Giugno 2015 / 9:54

    Parlavamo giorni fa della profezia di Celestino e delle dieci “illuminazioni” che spiegano il senso della nostra vita. La prima, oramai è noto, recita che le coincidenze non esistono. L’ultima, sostiene che la soluzione della vita, di ogni aspetto della vita, sia l’amore, che messa così sembra pure banale, ma non lo è. Racconti come il tuo, se non veri decisamente realistici, possibili e verosimili, ci mostrano come la vita sia breve e come sia sciocco e inutile rovinarcela per le quisquilie per cui solitamente lo facciamo. Tenendo presente che “il giorno più corto” è sempre in agguato, dovremmo goderci ogni attimo, e riempire la nostra di significato e d’amore.

    Come diceva la buona Montalcini, bisogna aggiungere vita ai giorni, più che giorni alla vita…

    • pjperissinotto 16 Giugno 2015 / 18:24

      Decisamente prima o poi mi dovrò dedicare a questa lettura di Celestino.
      E’ proprio vero: “aggiungere vita ai giorni, più che giorni alla vita…” è una specie di ricetta semplice che non si può non fare nostra.

  3. gigifaggella 16 Giugno 2015 / 18:53

    Mi unisco a Diemme nel consigliarti la lettura di Celestino…se vuoi farla breve guardati il film che trovi anche su youtube… 😉 Il tuo racconto è crudo e reale purtroppo…quando siamo presi nel vortice della vita non riusciamo mai a dare valore alle cose che contano davvero, senza pensare che siamo una fiamma che può spegnersi in ogni momento se si alza il vento… ciao PJ

    • pjperissinotto 16 Giugno 2015 / 19:07

      Ciao Gigi, grazie del consiglio “breve” con il film su youtube. Lo seguirò.

      Il racconto ahimé è tratto da una storia vera. Approfondirò Celestino, ha l’aria di poter essere utile per la vita.

      • gigifaggella 16 Giugno 2015 / 19:13

        Avevo capito che la storia era vera PJ, purtroppo… Celestino è una summa di un certo tipo di coscienza che condivido…ma se vorrai approfondire sarò felice di consigliarti qualche altra buona lettura… 😉

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