Un difetto dei giovani (maschi) di oggi

Il_Grnochi_Rosa

Oggi, dopo alcuni giorni di ritiro spirituale a ricaricare le pile esauste, si sarebbe dovuto lavorare ad un raccontino, invece, complici le coincidenze, così non è stato. Ne è sortita una giornata da difetti.

Alla mattina presto è arrivata la signora gentile ed energica che mi aiuta a tenere pulita e in ordine la casa, le ho offerto il caffè, come è consuetudine del sabato prima dell’inizio dei lavori,  e abbiamo scambiato due parole in ordine sparso. Sono così venuto a sapere che la Cgia di Mestre ha appena emesso un’altra delle sue analisi statistiche di grande interesse per il panorama economico italiano, immediatamente echeggiata dal telegiornale di prima serata di una tv locale a larghissima diffusione provinciale. Praticamente, se l’analisi e la sua interpretazione sono corrette, in Italia il lavoro c’è tutto, ma ai giovani italiani non piace più sporcarsi le mani.
A dire il vero questa notizia sa un po’ di Déjà Vu.

Non sono riuscito a leggere, né a conoscere il contenuto del comunicato, e qualche perplessità su tutta questa abbondanza di posti di lavoro, non vi nascondo, mi rimane forte. Tuttavia mentre parlavo delle implicazioni di questa notizia shock, il mio pensiero è andato a finire su un evento che si è manifestato profondo negli ultimi dieci-quindici anni di silenziosa e devastante efficacia. Un tempo le compagnie telefoniche mobili erano quello che erano, con il loro target di mercato di riferimento fatto di business man tesi a dimostrare che il loro telefonino era più cazzuto con una tariffa più capace di fare miracoli di tutte le altre. E si sa bene, i business man non perdono né il pelo, né il vizio. Sono ancora tutti là a misurarsi su queste cose strategiche.

Le compagnie telefoniche però si sono un po’ dimenticate di questa importante corsa all’apparire del business, perché il centro delle loro attenzioni si è spostato da tempo su giovani e giovanissimi.
A dire il vero anche questa notizia sa un po’ di Déjà Vu.

Ora sento già sfregolare le mani di quei lettori tra voi che stanno aspettando il momento di poter scrivere con soddisfazione come commento qualcosa del tipo “Questo articolo è una vera ca..ata!!!”. Perché mettere in relazione organica l’attento studio della Cgia di Mestre con il solerte impegno delle compagnie telefoniche che compiono quotidianamente l’altruistico straordinario miracolo di far colloquiare tra loro incessantemente questa montagna di giovincelli appare impresa fuor dall’umana possibilità.

Fortunatamente mi soccorre in extremis proprio la panacea di tutto, di sempre, da sempre: il sesso. E anche il collegamento impossibile diventa facile.

Perché sappiamo tutti bene che passiamo il nostro tempo, diciamo per non offendere nessuno una cifra variabile dal 50% al 95% del nostro tempo (che nel seguito per semplicità indicheremo con la cifra tonda del 90%), con il pensiero o il retropensiero finalizzato all’accoppiamento. E i giovani di questi ultimi quindici anni sono stati facilitati anche troppo su questo fronte, perché le loro famiglie benestanti (e non) li hanno messi nelle condizioni di avere in tasca sempre due cose: qualche soldo, giusto il minimo che serve per sballare un po’, e un cellulare, il buon veicolo per rimanere sempre in connessione con il centro dell’attenzione di qualcun altro.

Mi sembra di poter dire che ragazzi e ragazze vivano queste comuni fortune con approcci molto diversi in sintonia con la loro armonia di genere. Le ragazze vivono il cellulare come uno strumento per aumentare il proprio fascino, istillare curiosità e contatti, punzecchiare il materiale emotivo dei maschietti intorno a loro. I ragazzetti sono invece molto più rozzi e pesanti, rapaci e ottusi.

Faccio un salto indietro nella mia gioventù e mi immagino come avrei potuto reagire ad una vita così come viene offerta ai giovani maschi di oggi. Il 90% dei miei pensieri sarebbero soddisfatti (o comunque persi) attraverso forme diverse di comunicazione tutte in mio potere, avrei avuto in tasca sempre più soldi di quelli di cui avrei avuto stretta necessità.
E allora se avessi dovuto imboccare un lavoro faticoso (magari di muratore ed idraulico in cui si costruisce qualcosa di concreto) per portare a casa gli stessi soldi che già avevo in tasca, chi me l’avrebbe fatto fare? Ho visto molte facce di certi ragazzi di oggi dire la stessa cosa.
Se avessi voluto usare quel 10% di energie residue per fare qualcosa di importante avrei accettato un primo lavoro per meno di duemila-tremila euro al mese? I ragazzi di oggi tendono a non farlo. Molto meglio fare qualcosa di idealizzato, non pratico, oppure peggio, finalizzato solo a poter esercitare un giorno una professione che soddisfi quell’arcigna voglia, propria dell’animo maschile, di primeggiare schiacciando chi ci è intorno.

Purtroppo lo studio della Cgia di Mestre è aria fritta. Usa la cognizione comune che i giovani d’oggi apparentemente hanno tutto quello che serve per appagare il 90% dei loro bisogni apparenti, per giustificare il fatto che il lavoro abbonda sulla bocca degli stolti. Ci sono problemi infiniti intorno a tutto ciò, dall’economia reale, alle banche, dalla etica (sentite come suona male anche solo scritta), al lavoro pubblico, dalla mancanza di linee guida di lungo termine, alla pazienza e alla determinazione per perseguirle.

Tuttavia, cari giovani maschi di oggi, lo so i vostri genitori vi proteggeranno da questo evento, ma un giorno le vostre compagne vi spiegheranno l’obiettivo dell’accoppiamento, diventeranno facilmente insofferenti anche se avrete in tasca molti euro e l’ultimo cellulare i-grido, e se avrete troppo apprezzato soldi e divertimenti facili, farete davvero fatica a fare il piccolo passaggio che intercorre tra l’essere fruitore e l’essere creatore. Perché per fare questo insignificante passaggio è necessario prendere le proprie palle e metterle sull’incudine. Prima lo si fa, prima ritornano della loro forma naturale.

21 thoughts on “Un difetto dei giovani (maschi) di oggi

  1. Aida 8 Agosto 2015 / 16:16

    Bene, concordo. Anche chi è figlio di gente non proprio benestante ha comunque i soldi in tasca per un pacco di sigarette e una ricarica al telefonino. Siamo però cresciuti (e di questo ne siete voi la colpa, scusa se te lo dico), con l’idea di avere una vita migliore rispetto a quella che voi genitori avete vissuto perchè ci avete messo in testa l’idea che l’operaio è un lavoro umiliante. Ci avete fatto studiare, ci avete dato i soldi per master e corsi fuori casa, ci avete fatto fare le esperienze all’estero per poi tornare qui in Italia e sapere che:
    1) i lavori più richiesti rimangono sempre quelli umili che voi avete e continuate a svolgere.
    2) il pubblico impiego è un mercato saturo
    3) è più morto di fame un ingegnere che un carpentiere
    4) l’idea di una vita migliore rimane una chimera irraggiungibile, pur avendone la volontà.
    Ora. Oltre al sistema che io critico (si permette a tutti di avere un titolo di studio, anche a chi è veramente incapace) e che permette agli ignoranti di andare avanti a discapito di chi è preparato, troppi asini hanno una laurea e pretendono un posto dietro una scrivania. Ci avete vezzeggiato perchè la vita che avete fatto voi da giovani era tremenda. Troppe regole, troppi impedimenti, la verginità al primo posto e il sacrificio come pane quotidiano. Ci avete aperto casa per far sesso con il proprio partner, ci avete comprato i migliori vestiti rinunciando al pranzo che vi portavate al lavoro durante le pause. Ci avete cresciuto con i vostri sogni di vederci laureati, con un buon ufficio, un lavoro redditizio e tanti soldi da spendere come si vuole.
    Cosa pretendete ora, che i giovani si sporchino le mani? Un esame di coscienza dovrebbe partire da chi ci critica.
    Non prendertela. Mi rivolgo a te in quanto adulto, non so come hai cresciuto la prole o la vita che hai vissuto, ma mi rivolgo a tutti quei genitori che continuano a comperare telefonini da 800 euro a pargoli con la puzza sotto il naso, e che, una volta cresciuti, al primo problema, o si daranno alla droga, o finiranno suicidi.

    • pjperissinotto 8 Agosto 2015 / 17:36

      Cara Aida,
      mi piace molto questo tuo sfogo-accusa. Non lo prendo in maniera personale, né potrebbe esserlo, e, a dire il vero, lo condivido molto perché secondo me le generazioni tra quella dei miei genitori e la mia hanno fatto dei disastri tremendi.
      Io non sono titolato a giudicare il mio operato come genitore. Ho molti difetti, e qualche sporadico pregio. Cerco soprattutto di far capire, anche con la mia esperienza personale di vita, alle mie figlie che in questa vita bisogna ramazzare per cambiare il futuro e cerco di far capire loro che prima saranno indipendenti dai loro genitori prima saranno le persone autentiche che è destino dovranno diventare.
      Hai ragione. E condivido tutti i problemi di cui parli. Abbiamo letto anche i tuoi articoli contro lo stato delle cose. E li ho condivisi. E non saprei dire se sia giusto che la signora delle pulizie sia più ben pagata dell’ingegnere appena laureato, se il lavoro pubblico sia veramente saturo o se invece una sua percentuale troppo alta non sia operativa, se la colpa di tutto sia da attribuire ad uno dei tanti ipotetici nonni in pensione da cinquantun anni d’età (c’era veramente necessità?), ad Andreotti, Berlusconi, Berlinguer, Bertinotti o chi so io.
      E sono d’accordo siamo più noi vecchi che dovremmo fare qualcosa per cambiare le cose. Per rimediare ai nostri errori.
      Tuttavia, nella mia vita professionale e non solo, ho incontrato molti giovani trentacinquenni e quarantenni maschi (rispetto a te dei mezzi matusa, potremmo dire). Erano normali ragazzi un po’ viziati che avevano accettato di andare in giro per anni e anni con i soldi di mamma e il cellulare di mamma e, guarda caso, non ho mai incontrato se non sporadicamente ragazze con la stessa assuefazione.
      Avevano accettato semplicemente perché gli conveniva grandemente fare così, perché fare qualcosa di diverso costava fatica, per avere in cambio sacrifici non gratificati e un po’ di sana autostima in più. E chi glielo faceva fare? Nessuno. Il peccato originale era dei genitori, sono d’accordo, peccato solo che la vita fosse la loro ed era loro preciso compito fare quello che è richiesto ai figli, dibattersi in questa vita per affrancarsi dai propri genitori per trovare la loro strada.
      Poi nel peggiore dei casi la fine è quella che paventi giustamenti tu alla fine del commento, nei casi più fortunati ci ritroviamo una persona che vaga di dubbio in dubbio senza aver costruito niente di sostanza per sé e per le persone che forse non avrà nemmeno il coraggio di amare veramente.
      La solita questione del bambino viziato ora su scala umanitaria.

      • Aida 8 Agosto 2015 / 19:55

        Non ho altro da aggiungere…. Se non che se da una parte non cambiamo atteggiamento e dall’altra il sistema del lavoro non si sblocca….. Non vedo un futuro né per i bamboccioni né per me

    • pjperissinotto 8 Agosto 2015 / 18:00

      C’è anche un’altra piccola cosa che un po’ mi disturba e forse è l’aspetto più personale dell’articolo che è uscito. Ho una figlia di qualche anno più giovane di te e un’altra che inizia adesso ad entrare nel meraviglioso mondo dell’interazione di genere. L’idea che loro debbano cercare un compagno in mezzo a tanti figli di papà e soprattutto di mamma, che non riescono ad affrancarsi per rivendicare una loro vita vera, mi pesa sul cuore. Perché con il tempo mi cresce il sospetto che si tratti dalle nostre parti sempre di più una ricerca da “ago nel pagliaio”.

      • Diemme 8 Agosto 2015 / 18:50

        E infatti mia figlia questo problema ce l’ha… non ce n’è uno che lei riesca a stimare da un punto di vista umano.

      • Aida 8 Agosto 2015 / 19:56

        Ecco. Uno dei motivi per cui sono legata al mipo ragazzo (nonostante le screzie) è proprio che lui ha sempre lavorato senza chiedere nulla in cambio alla famiglia, se non altro alcune volte è lui ad aiutare i suoi…

      • pjperissinotto 8 Agosto 2015 / 20:45

        Non sottovalutare allora, cara Aida, il valore della persona che hai vicino. L’armonia è il centro di tutto in una coppia, ma se il proprio partner è privo di alcuni valori l’armonia diventa per sua natura effimera.
        Tu almeno puoi concentrarti solo sul ritrovare l’armonia.

  2. Diemme 8 Agosto 2015 / 16:21

    Post difficile, tutto sommato, si vede che la penna, o insomma, la tastiera, ha fatto fatica a stare dietro ai pensieri che si affollavano, e quindi spero di aver capito, perdonami se non l’ho fatto.

    Crescere. I giovani di oggi (ma anche i meno giovani, viziati dal boom economico in cui sono cresciuti) non vogliono crescere. Non conviene, non conviene far fatica per avere quello che si ha già. Che non è eterno. Che non è dovuto. E che probabilmente un giorno sfuggirà loro tra le dita e allora, se ancora in tempo, si dovranno rimboccare le maniche. Mettere i famosi attributi sull’incudine.

    Un giorno un tizio, con una macchina figa, nuova, fiammante, investì una signora. La signora si frantumò una gamba, a lui si abbozzò il paraurti. Entrò nel centro estetico, dove si stava recando a lampadarsi, imprecando contro la signora.

    Sono passati oltre vent’anni, ancora non riesco a superare la nausea.

    • pjperissinotto 8 Agosto 2015 / 17:49

      Hai capito bene il tema di fondo dell’articolo nonostante la farraginosa penna dell’autore. E l’evento che hai raccontato lo considero estremamente nauseante anch’io. 🙂

      • Diemme 8 Agosto 2015 / 18:52

        Oltretutto mi rendo conto che ho omesso il discorso del ragazzo, che imprecava contro il fatto che, avendo la gamba opposto resistenza, gli aveva rovinato il paraurti, che se la poteva frantumare del tutto e lasciare il suo paraurti intatto!

      • pjperissinotto 8 Agosto 2015 / 20:47

        Al solito, si potrebbe dire, la realtà supera la fantasia. Perché da come la racconti sembrerebbe più il canovaccio di un film comico. Pensare che parliamo di realtà fa venire quelli che dalle nostre parti si chiamano “penotti”.

      • Diemme 8 Agosto 2015 / 21:12

        Penotti? Piccoli peni? Qui farebbe venire i brividi, la pelle d’oca… scherzi a parte, cosa sono i penotti?

      • pjperissinotto 8 Agosto 2015 / 21:19

        A dié! Sei incorreggibile.
        E’ un modo per dire “la pelle d’oca”.

      • Diemme 8 Agosto 2015 / 21:22

        Ah, ma allora voi del nord reagite come noi del sud! E’ proprio vero, siamo tutti fratelli 😉

  3. Fik 9 Agosto 2015 / 0:01

    Quando è iniziato questo comportamento? Quando i genitori hanno iniziato ad avere più a cuore il futuro dei propri figli, tanto da augurare e insegnare di puntare più in alto? Nella mia esperienza ho cercato l’indipendenza il prima possibile, non prendendo nemmeno in considerazione l’università e creandomi una mia famiglia a 24 anni.
    Per i mei figli aspiro al meglio, inteso come possibilità di vivere felici e indipendenti. Non nascondo però che sarei più contento se trovassero unlavoro che consentisse di non dover “tirare la conghia” o di non conoscere la fame.
    Tornando al post, caro PJ, sono fermamente convinto che i dati sbandierati sono magistralmente interpretati in modo da creare il terreno per una progressiva diminuzione dei diritti (qualcuno dirà privilegi) faticosamente conquistati dai nostri padri.
    Credo ci siano molti ragazzi che vogliono lavorare e sporcarsi le mani, ma probabilmente non vogliono essere sfruttati.
    Il tema è sicuramente complesso e il mio commento non servirà a cambiar nulla … ?.
    Cmq non ci riesci, a scrivere post “brutti”.

    • pjperissinotto 9 Agosto 2015 / 9:45

      Caro FIK,
      sul fatto che le palle, a suo tempo, le hai messe sull’incudine non c’è il minimo dubbio. 🙂
      E concordo sul fatto che tutti quelli che contano lavorano per una diminuzione complessiva dei “privilegi” di quelli che non contano. Sembra di assistere a meccanismi ben rodati dalla storia.

  4. camille 11 Agosto 2015 / 16:30

    che dire… un gran bel monito e invito per questi giovani…
    Dovrebbero leggerlo “lontano dai genitori”, l’antico “lontano dai pasti” che ti faceva capire come il farmaco sarebbe stato assimilato meglio dall’organismo, ed avrebbe avuto il suo vero effetto, se assunto lontano dai pasti. Credo che per i giovani sarebbe opportuno rivedere se stessi, le proprie necessità e priorità proprio lontano dai genitori,la cui ostinata presenza (e delirio di onnipotenza) può solo nuocere gravemente alla salute. I nostri genitori non erano nostri amici e non si si interessavano minimamente a noi, se non per la sussistenza necessaria alla sopravvivenza e all’istruzione. Avevamo solo obblighi nei loro confronti, e ci lasciavano molto a noi stessi, dimenticandosi della nostra esistenza e delle nostre necessità negli interminabili pomeriggi passati al di fuori dei banchi di scuola…
    Ci annoiavamo da morire quando non avevamo i compiti da fare (qualcuno invece veniva caricato di lavori in casa e tanto tempo per annoiarsi non l’aveva) e questo ci costringeva a inventarci delle attività o a cercare gli amici…In poche parole, a uscire di casa…
    I nostri figli, nel tempo lasciato vuoto dalle ore di scuola, vengono riempiti da tutte le possibili attività ricreative… e preferiamo che non abbiano il tempo di annoiarsi, perché altrimenti farebbero la felicità delle compagnie telefoniche… diventando così solo dei numeri su cui estendere i propri tentacoli delle ricerche di mercato…
    Che dire… in questo mondo così irreale e perfettamente architettato in cui si trovano a dover vivere fin dai loro primi anni di vita (vedi per esempio i corsi per neo mamme e loro bebè in piscina) la parte delle marionette mosse da altri, come potrebbero davvero pensare a ciò che realmente vogliono se a questo ci ha sempre pensato qualcuno per loro? Non sono da biasimare dunque…
    E questa dote dei neo giovani l’ha ben intuita la Comunità Europea che ha istituito fondi per corsi finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro, destinati a giovani fino a 29 anni, e non per re-inserire i tanti over 40 che il lavoro l’hanno perso e faticano immensamente a trovarlo. Fondi che forse non verranno mai utilizzati (se non dalle associazioni che si occupano prevalentemente di utilizzare i fondi europei, con fantascientifici corsi ad hoc).

    Un notevole risparmio economico in tempo di crisi.

    • camille 11 Agosto 2015 / 16:33

      dimenticavo…ovviamente complimenti per il bellissimo articolo. Acuto e ironico. Come sempre.
      😉

      • pjperissinotto 12 Agosto 2015 / 22:48

        Grazie mille, Camille.
        Il tema sociale di oggi ha mille rivoli. E come giustamente osservi è difficile trovare il punto di discontinuità tra la vita difficile dei giovani d’oggi e la vita degli adulti che si erano già prefugurati qualche anno di tranquillità prima di buttarsi a pesce nella fossa e si ritrovano in un mondo tutto diverso, che spesso non li vuole più e che chiede loro di reiventarsi…
        E’ una storia davvero lunga e per niente allegra.

  5. bezzigiulia 17 Agosto 2015 / 11:12

    Caro PJ, mancata da un pochino mi imbatto in questo meraviglioso post…la parte finale è semplicemente divina “Perché per fare questo insignificante passaggio è necessario prendere le proprie palle e metterle sull’incudine. Prima lo si fa, prima ritornano della loro forma naturale…” . C’è anche un altro dato che mi mette in difficoltà…il lavoro NON c’è se ciò che leggevo pochi giorni fa fosse vero…si parlava di percentuale di occupati che vengono calcolate comprendendo anche chi ha lavorato un’ora nell’ultimo mese nell’azienda di famiglia…e così che gli diamo da mangiare a sti ragazzi? I giovani di oggi non mi piacciono tutti, perché non voglio generalizzare, ce ne sono alcuni che mi fanno credere, soprattutto per necessità direi, che un giorno torneremo ad essere “la culla della Civiltà” e non “l’ozio il padre dei vizi”. Nel frattempo io ti aiuto a mettere palle sull’incudine…sono davvero stanca di farmele crescere innaturalmente…diciamocela tutta, sono ancora una a cui piacerebbe avere solo il suo organo sessuale a cui dover rendere conto.

    • pjperissinotto 17 Agosto 2015 / 11:46

      😀 😀 Cara Giulia, sono contento che ti sia piaciuto il post.
      Purtroppo quella storia della percentuale di occupati credo sia una specie di barzelletta triste. Secondo me chi mantiene le statistiche oggi sul lavoro credo abbia imparato ad annoverare come lavoratore anche coloro che hanno solo sognato nell’ultimo mese almeno una volta di accudire una pressa o un ufficio.
      Quanto alla tua partecipazione al gioco dell’incudine … ti naturalizziamo maschietto per un giorno così potrai divertirti. Vedrai è uno spasso. 😀

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