Il dilemma del come spiegare

Cumuli_e_Luna

Conoscevo Franca da una quindicina d’anni. All’inizio ci frequentavamo con la compagnia di amici comuni. La nostra amicizia, sempre genuina, si era sviluppata gradualmente, all’inizio molto superficiale, poi sempre più stretta per le innumerevoli affinità che ci legavano.
Negli ultimi anni la compagnia si era sciolta, essendo tutti gli altri persi a seguire il corso delle loro vite, tra coniugi e figli, lavoro e routine esistenziale.

Io e Franca invece avevamo continuato a vederci, ritagliandoci innocui spazi all’interno delle nostre relazioni sentimentali per coltivare le sintonie della nostra amicizia. E ci trovavamo spesso da soli o in compagnia a gustare una chiacchiera davanti ad un aperitivo o passeggiando abbracciati allegramente per il centro rimanendo entrambi sorpresi dall’arguzia dei suoi commenti su bancarelle e passanti. Quando ero con lei tutto si muoveva in un’armonia che non ammetteva incertezze e si sviluppava con una serena naturalezza che lasciava spazio solo per la nostra spontaneità.

Forse proprio per questo, a dire il vero, non riuscivo a spiegarmi come mai quella sera finimmo in quella situazione. Il bosco intorno all’abitato iniziava a scurirsi preparandosi alle tenebre e nel cielo altissimi cumuli nembi si sviluppavano a vista d’occhio minacciando di ricoprire la luna con il loro carico di pioggia fitta. Intorno a noi le luci fioche dei lampioni appena accesi gareggiavano senza primeggiare con la luminosità  diffusa del tramonto frettolosamente partito dall’orizzonte per arrivare in tempo per trasformarsi in alba di lì a qualche ora. Una certa ansia si faceva strada nei nostri cuori e non tanto per l’atmosfera quasi magica dell’imbrunire, ma per il fatto che avevamo già provato ormai troppe volte a trovare la strada per ritornare alla nostra auto per rientrare alle nostre case e sempre questi ceffi alti e minacciosi ci avevano sbarrato ogni passaggio.

Non sapevamo chi fossero. Erano strani. Lunghi e magri come fuscelli, con un volto innaturalmente scarno. Lei subito aveva associato il loro viso all’urlo di Munch.
E a fatica, dalla piazza principale, eravamo riusciti a raggiungere una piazzetta laterale appartata da cui sapevamo si sarebbe potuto imboccare un sentierino stretto e ripido che ci avrebbe portato al parcheggio, ma lì dall’alto vedemmo bene che intorno alla nostra auto altri due di quei brutti ceffi si aggiravano minacciosi. Ci fermammo un attimo, fissandoci negli occhi. Non riuscivamo proprio a spiegarci come saremmo potuti uscire da quella situazione. Credo che dal mio sguardo trasparissero i segni di un crescente smarrimento, perché lei si fece carico della situazione e trovò la soluzione.

Mi prese la mano, sorridendomi, stringendola forte. Io per reazione le presi l’altra, si avvicinò lentamente e con naturalezza in un momento che sembrò durare una vita appoggiò le sue labbra sulle mie. Il bacio fu come se da sempre fossimo abituati all’intimità, ma con l’emozione dirompente del primo bacio della vita. Lasciammo le nostre mani per avvolgere con le nostre braccia il corpo dell’altro e continuammo. Spinse il suo bacino contro il mio e io assecondai il suo movimento andandole incontro.

Non so quanto durò quel lungo passaggio, so che il pensiero dei ceffi più sotto non era più all’ordine del giorno. Ci scostammo un attimo, con un sorriso dipinto in volto, che più che dalla bocca nasceva dagli occhi e con un movimento sincrono, quasi le nostre menti fossero mosse da una coscienza comune, raggiungemmo una panchina a pochi metri da noi, mi distesi e lei si accovacciò sopra di me con leggiadria massimizzando il contatto tra i nostri corpi. Sentivo distintamente ogni singolo punto del mio corpo dolcemente sfiorato dal suo e ognuno di quei punti mi lanciava vibrazioni ed emozioni che accrescevano la mia eccitazione e il mio trasporto.

Con il suo viso chino su di me, lasciò che i suoi lunghi capelli, in caduta libera, circondassero il mio volto come in una prigione. E in quella gabbia, le sue labbra fecero scorribande a lungo e senza freno a sondare ogni angolo del mio viso. Voi non avete idea di quanto morbide fossero quelle labbra e quanto, anche solo sfiorando la superficie della mia pelle, mi stessero entrando dentro l’anima.

 Paparapapà paparapurapurapù ….    La musica della sveglia del cellulare si fece sempre più insistente, nonostante il mio inconscio si rifiutasse completamente di distogliersi dal momento magico che stavo vivendo. Ci vollero, io credo, alcuni minuti prima che la realtà riuscisse ad acquisire un barlume della sua sostanza. Con fatica alzai la schiena tendendo le braccia puntellate dietro per mantenerla ritta. Ero confuso. Non era l’eccitazione ancora viva a tenermi in quello stato. Era quella sensazione naturale e intensa di amore appena sbocciato che stava scuotendo ogni poro della mia pelle che non riuscivo più a riportare ad una dimensione nota della mia esperienza.

Ci vollero altri minuti prima che riuscissi a modificare la mia posizione. Mi girai di lato, con i piedi a sfiorare il pavimento ancora freddo dalla notte e rimasi a ciondolare lì seduto perso in pensieri sempre più tumultuosi. Proprio nel pomeriggio dovevo vedermi con Franca. E adesso? Come avrei mai potuto spiegarle che tra noi era tutto cambiato?

13 thoughts on “Il dilemma del come spiegare

  1. Diemme 26 Agosto 2015 / 15:02

    Bellissimo, ma che te lo dico a fare! Se può consolarti, a me questo è successo davvero, e fa fatica ogni volta imporsi dei binari diversi, cosciente che quell’intimità si è creata solo nella tua vita e non nella sua.

    • pjperissinotto 26 Agosto 2015 / 15:12

      Già. Temo sia successo a più di qualche persona qualcosa di simile. 🙂
      Grazie per l’apprezzamento.

  2. FIK 26 Agosto 2015 / 15:11

    Quante volte il confine tra sogno e realtà non è più nitido…. mi piace come sei riuscito a descrivere quanto i sogni possono essere reali, in linea a quanto nella realtà si sogna.

    Cito una autorevolissima fonte: “i sogni son desideri….. di felicità”… a me è accaduto di aver sognato di aver vinto a una lotteria, di essermi svegliato con le lacrime agli occhi e con una stranissima sensazione… ci sono volute parecchie decine di minuti per realizzare che era stato solo un sogno! 🙁

    Certo che sognare così realisticamente di stare con una donna, tua amica, e di avere “rovinato” il rapporto perchè “tra noi era tutto cambiato”, senza aver realmente goduto di questa breve e fugace avventura….

    Mi sto chiedendo:
    è meglio avere il ricordo onnirico di questa best-performance, oppure un reale ricordo di una real(best o worst)-performance??

    • pjperissinotto 26 Agosto 2015 / 15:18

      “quanto i sogni possono essere reali, in linea a quanto nella realtà si sogna” questo mi piace proprio.

      Pensa ancor oggi a volte sono preso dall’ansia perché non pago le spese condominiali da anni di un appartamento che ho comprato in sogno vent’anni fa o giù di là. Era così reale quel sogno che mi è rimasto nel dna il ricordo di quell’acquisto. 😀

  3. Silvia 26 Agosto 2015 / 16:06

    I sogni sono il frutto del nostro subconscio, delle nostre paure e dei nostri desideri, quindi una volta tornati alla realtà bisogna decidere se cercare di far avverare il sogno, o lasciare tutto così, in questo caso soprattutto per conservare l’amicizia 🙂
    Molto bello e scritto davvero bene!

    • pjperissinotto 26 Agosto 2015 / 16:20

      Il tuo commento tocca l’essenza della situazione ed è perfetta esplicazione della sospensione finale del raccontino. 🙂
      Grazie mille per l’apprezzamento.

      • Silvia 26 Agosto 2015 / 16:33

        grazie a te 🙂

  4. Diemme 26 Agosto 2015 / 16:44

    Torno sull’argomento, dopo aver letto gli altri commenti, che vertono un po’ sul principio “I sogni son desideri”. Sì, certo, son desideri, bisogna vedere quali: a volte è l’inconscio che si rivela, e lascia uscire quel sentimento inconfessabile, a volte invece il significato è simbolico Una volta sognai una storia con un tizio con cui nella realtà non solo c’era un rapporto pessimo, ma da parte mia il massimo disprezzo anche riguardo all’aspetto.

    La realtà è che a me il conflitto non piace, e che il sogno simboleggiava solo il desiderio di pace: per il resto, non mi sarei fatta sfiorare neanche con una canna da pesca lunga dieci metri, e la disistima che nutrivo nei suoi confronti mi avrebbe impedito persino di presentarlo agli amici. Insomma, ogni sogno va interpretato 😉

    • pjperissinotto 26 Agosto 2015 / 16:53

      Sicuramente hai ragione. 🙂
      Credo che i sogni siano un mix molto variegato di realtà, desideri, paure, ansie, aspirazioni, proiezioni inconsce dei nostri pensieri. Talora prevale l’uno o l’altro aspetto e ogni sogno fa storia a sé.
      La cosa importante è che ci sono sogni con i quali, quando ci sei dentro, ti sembra di vivere la realtà e le emozioni che ti generano sono intense quanto, e a volte persino di più, della vita reale.
      E, guarda caso, quelli sono i sogni che ti lasciano più il segno.

  5. poetyca 26 Agosto 2015 / 19:27

    Spiegare?
    Ma è poi necessario?
    A volte le sensazioni si tramutano in sogni vividi, giusto il tempo di rendersi conto di come, nella realtà, le cose si stiano manifestando in modo parallelo.
    Se anche Franca stesse vivendo la stessa cosa ed è quel sogno ad anticipare tutto?

    • pjperissinotto 26 Agosto 2015 / 19:46

      Cara Poetyca il tuo punto di vista è molto interessante. 🙂
      E aggiungo che, a mio avviso, non è affatto da escludere il fatto che i nostri sogni possano essere in qualche misura influenzati anche dalla psiche delle persone che sognamo.
      In effetti il nostro protagonista, come sempre, ha aperte davanti a sé tutte le possibilità di agire in qualsiasi modo.
      Anche se, bisogna sempre fare i conti con il rischio di far franare un sogno straordinario o peggio rovinare una bella amicizia. 🙂

      Ma, a dire il vero, anch’io sono della tua stessa idea: Anche Franca sta vivendo la stessa cosa.

      • poetyca 26 Agosto 2015 / 19:52

        Grazie per il tuo spunto di riflessione.
        In fondo, l’armonia sottile che il protagonista prova per Franca, non è forse una risposta percettiva che non farebbe altro che dare conferme?
        Il sogno è l’elaborazione di tanti input che la mente censura durante il giorno, per non provare imbarazzo e per non deludere le aspettative ( non essere causa di rovina per il rapporto). Forse è lasciandosi andare che le cose accadono, molto più che l’immaginare soltanto! 🙂

      • pjperissinotto 26 Agosto 2015 / 20:02

        Già, lasciandosi andare le cose accadono.
        O come diceva qualcuno: “Ciò che deve accadere … accadrà”.

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