Nella mia vita

Plenilunio

Alcuni giorni fa ero in montagna.
In realtà la storia è più articolata. Avevo passato la giornata un po’ più lontano da lì, a ridosso del mondo indaffarato del business, mischiato ad altre persone, più o meno della mia età, per accudire questo fiume, che chiamiamo pomposamente lavoro, che tortuosamente cerca di portare da qualche parte così tanti di noi.

Solo in serata ero rientrato in montagna.
A causa della discendenza di una parte del ceppo familiare da quel paesino, la mia famiglia ha colonizzato quel piccolo luogo esposto al sole delle dolomiti venete, occupando con piccoli avamposti tre o quattro dei suoi quartieri.
Quella sera, ho offerto, in un ristorantino tipico del luogo la cena a due mie nipoti, figlie di mia sorella. Età tra i venticinque e i trenta, seguono amorevolmente i miei genitori che svernano durante l’estate al fresco dei mille metri di altitudine. Brave ragazze, dimostrano, con le parole dei loro discorsi, serietà e concentrazione verso il loro incerto futuro, quasi fossero già fin troppo mature.

Parlando del più e del meno, ho avuto quasi la sensazione di essere io, più adolescente di loro, come se questa vita portasse con sé delle fasi in cui il senso di marcia del nostro spirito si dovesse adeguare, andando avanti e indietro, ad un costante tentativo di trovare la posizione buona per riuscire a parcheggiare nello spazio riservato alla serenità.

Finita la cena siamo andati a trovare i miei genitori all’altro lato del paese. Mio padre, ormai ha traguardato la soglia dei novanta, mia madre, cerca di raggiungerlo. Non è un segreto, gli anni che ci separano raccontano una storia la cui sintesi è semplice: la mia famiglia era già al completo. Due genitori, quattro fratelli, più o meno ravvicinati tra loro. Io, distanziato a molte lunghezze, sono comparso a perturbare gli equilibri. Ma, come mia mamma ha sempre ripetuto con soddisfazione un’infinità di volte, ero così buono che non si sono nemmeno accorti di avermi allevato.

E infatti, è andata così, perché, qualche volta, te lo senti dentro di essere una specie di intruso in questo mondo. Nessuno ti attendeva, c’era una festa e non eri propriamente invitato, ma ti sei fatto vedere alla porta lo stesso. Ti fanno entrare, sorridendoti, e il minimo che puoi fare è non disturbare, muovendoti con circospezione, sentendoti a tratti poco di più di uno spermatozoo che per caso è incocciato in un ovulo.

Mio papà non mi riconosce più. Non sa più chi sono. Entro in casa dei miei, al seguito delle mie nipoti, mi sorride, si ricorda che ci siamo già visti i giorni precedenti, il mio volto gli è familiare, ma non è più collegato alla relazione di parentela che ci lega. Ci si scambia i saluti con mia mamma, si fanno le prime parole, lui è silenzioso. Poi mi viene vicino, mi prende la mano e mi porta davanti alla parete dove ci sono alcune foto. Me ne indica una in cui lui e la mamma sono in posa sotto un ripido sentiero tra le rocce vicino ad un rifugio. È di pochissimi anni fa. Con loro due ci siamo anche io e mia figlia ora adolescente.
Non parla, ma mi sorride, puntando il dito contro la mia chioma di capelli decisamente più contenuta rispetto ad oggi.

Ricordo bene quella foto. Quel giorno ero orgoglioso di portare i miei genitori ad un rifugio in alta montagna. Erano emozionatissimi. Io ero orgoglioso e … terrorizzato. Temevo che, mettendo il piede in fallo, potessero farsi male e, alla loro età, subire conseguenze devastanti per gli anni a venire. Era estate piena, una giornata calda e soleggiata, ma arrivati al rifugio faceva freddissimo, un vento impetuoso ci aveva costretto a mangiare risotti e minestre calde, anche se avevamo gli zaini gremiti di altre vettovaglie. Quel giorno era stata una bellissima gita, tutto era filato liscio e arrivati a casa io ero sollevato. Oggi so anche che quella gita era necessaria per poter portare a casa il simulacro di ricordo che ora contemplavamo.

Nell’indicare la foto, mio papà era felice e emozionato. Non sapeva chi ero, ma sapeva dentro di sé che ero un pezzo importante della sua vita. Lo so che dietro il suo stato c’è la malattia. E so bene che si potrebbe pensare che sono senza cuore, ma la verità è che io quella sera sono stato contento per lui. Ha lavorato una vita, donando ogni energia nel suo corpo per i suoi figli e la sua famiglia. Ora fisicamente sembra un giovanotto a dispetto della sua età e il non ricordare chi sono io, chi sono i suoi figli, lo mette in uno stato di sereno, emozionato distacco e di perenne sorpresa.

Non so cosa si possa veramente sperare per la propria vecchiaia, ma se oblio deve essere, io credo che quello di conservare la gentilezza infinita di mio papà, senza preoccupazioni di sorta e con l’affetto dei propri cari sia un buon modo di avvicinarcisi.

Quella sera poi, dopo il pellegrinaggio alla foto e le parole di mio papà mentre mi abbracciava felice perché io e lui eravamo nella stessa immagine, ho visto mia mamma pendere dalle mie labbra chiedendomi di seguito dieci volte la stessa cosa con sfumature sempre diverse per sapere come stavo, come andava la mia vita, se riuscivo a reggere il carico, … E quando avevo salutato tutti per ritornare a casa, mi aveva rincorso per darmi una bottiglietta di acqua tonica. Perché per lei io devo sempre mangiare e bere. È ancora tutto come se dovesse accudirmi, come se io fossi ancora su quel vecchio seggiolone. Il seggiolone che viene costruito apposta perché i genitori non debbano chinarsi troppo, così sufficientemente alto perché tu, quando piombi giù a terra perché non sei legato bene (e io ricordo ancora nitidissimamente il suolo che si avvicina veloce mentre cado), se sopravvivi, si capisce  bene che il tuo angelo custode è di buona qualità.

Quella sera sono tornato a casa percorrendo la strada fino al lato opposto del paese. C’era una atmosfera magica, nessun lampione acceso, silenzio e luce lunare. L’aria era carica di foschia, a stento faceva vedere i profili delle montagne in lontananza. La Luna piena, invece sembrava non risentire minimamente dell’umidità, la sua luce era limpida quanto i contorni ultradefiniti dei suoi mari. E illuminava tutto con forza e mistero.

Mentre camminavo tutto solo perso in sensazioni contrastanti tra l’incerto e l’insicuro, ripensavo all’arco di esistenze che avevo toccato nell’intera giornata. Mi sentivo al centro della vita, perché sono ormai dieci anni che dalle mie parti si continua a sperare che Dante Alighieri avesse sbagliato a definire con esattezza il mezzo del cammino. E, con la testa al cielo, nonostante avessi la retina impressionata dalla Luna in tutta la sua maestosa presenza, l’immagine che vedevo dentro il mio animo era quella dell’intera parabola della vita nella sua lineare complessità.

Ci agitiamo. Sogniamo. Viaggiamo. Percorriamo il mondo in lungo e in largo. Programmiamo le nostre esistenze. Improvvisiamo. Corriamo di qua, corriamo di là. A volte persino amiamo.
In realtà, la verità è che, qualsiasi cosa facciamo, stiamo solo camminando scostati di una manciata di centimetri, da un lato o dall’altro di quella parabola. Nulla di più.

E oggi, che ho ripensato a tutte quelle sensazioni, e ho provato a metterle in frasi, mi accorgo che mi dispiace un po’ perché quello che ho scritto oggi è solo un articoletto senza sostanza, e non uno dei miei soliti raccontini.
Se avessi messo tutto sotto forma di racconto, sicuramente avrei potuto almeno sperare in uno dei miei classici finali a sorpresa.

24 thoughts on “Nella mia vita

  1. camille 3 Settembre 2015 / 7:25

    Mi hai fatto sorridere, mi hai fatto piangere…
    Come si potrebbe pensare che sei “senza cuore”? Essere felice per tuo papà è un atto di dolcezza, naturale evoluzione della cosa più difficile: l’accettazione.
    Ricordo che quando mio papà si è ammalato, mia suocera mi ha detto che avrebbe pregato il Signore perché mi donasse l’accettazione. Non la capii quel giorno. Ero troppo presa dal mio dolore. Il tempo mi ha insegnato che l’accettazione è veramente un dono. E credo che con la sua infinita gentilezza, e il suo costante portare davanti alla foto, tuo papà dimostri ogni giorno che lui ha accettato, inconsapevolmente forse, ma lo ha fatto.
    E forse, chiede anche a chi guarda la foto con lui, di accettare.
    Questo articoletto è pieno di poesia e amore, due ingredienti indispensabili a rendere la vita degna di essere vissuta, seguendone l’arco parabolico, sbandando un po’ di qua e un po’ di là da esso.

    • pjperissinotto 3 Settembre 2015 / 13:14

      Cara Camille,
      proprio così. L’accettazione è centrale. Sulle questioni di salute, così come sulla necessità di essere sempre vincolati a vivere questa nostra parabola.
      Grazie mille per i complimenti.

  2. Diemme 3 Settembre 2015 / 9:23

    Che dire, a leggerti mi è presa la sindrome di Stendhal…

    Siete bellissimi, tutti. <3

    • pjperissinotto 3 Settembre 2015 / 13:20

      🙂 Addirittura la sindrome di Stendhal ? Beh, so che non sarà così, però fa piacere sentirlo.
      Grazie mille, Diemme.

  3. La il@ 3 Settembre 2015 / 9:28

    Non direi proprio che questo sia solo un articoletto senza sostanza, e penso che nessun raccontino sarebbe stato più intenso e bello. La vita vera è la storia più bella. E se la condividi è un grande dono. Grazie.

    • pjperissinotto 3 Settembre 2015 / 15:20

      Grazie a te, di cuore. Hai ragione, il dono vero è trovare occasioni per condividere, in serenità, con le persone a noi affini, quel pizzico di romanzo che è la nostra vita. 🙂
      Ancora grazie a te.

  4. Silvia 3 Settembre 2015 / 10:09

    Un articoletto senza sostanza? E’ uno dei pezzi più belli che io abbia letto, per il modo in cui scrivi, per il sentimento che affiora in ogni parola, per la famiglia splendida che hai e per l’amore che vi lega al di sopra delle malattie e di tutto 🙂

    • pjperissinotto 3 Settembre 2015 / 20:54

      Grazie Silvia! 🙂
      Sì, siamo una bella famiglia, ma la verità è che il mondo è pieno di belle famiglie. Spesso anche quelle che non credono di esserlo.
      Mi piace però di essere riuscito a trasferire con le parole un po’ dei miei stati d’animo di quel giorno e di altri giorni di questo periodo. Anche perché quella sera per me è stata un po’ catartica. Un abbraccio!

  5. FIK 3 Settembre 2015 / 10:12

    mi hai emozionato…..

  6. silviacavalieri 3 Settembre 2015 / 19:13

    E quale racconto può essere migliore di un “articoletto” scritto (bene) col cuore?

    • pjperissinotto 3 Settembre 2015 / 20:59

      Grazie, Silvia! Mi avete convinto. Ho fatto bene a scrivere solo un “articoletto”.
      Ma se avessi dovuto immaginare un finale a sorpresa per una vita, chissà? Di sicuro mi sarei sbizzarrito alla grande. 😀
      Un caro saluto!

  7. Nuzk 4 Settembre 2015 / 18:05

    Quel povero angelo quanto l’avrai fatto lavorare….
    E’ bello, quando riusciamo a staccare dal nostro continuo correre qui e là, riuscire a chiudere fuori dalla porta le preoccupazioni per dedicarsi completamente alle persone che incontriamo. Darci il tempo, cambiando in nostri ritmi (invece di mantenerli per abitudine) e sentire tutte le sfumature che quell’incontro ci permette di provare. Buona serata e buon week end Pj

    • pjperissinotto 4 Settembre 2015 / 18:59

      Molto vero. Trovare il tempo per darci il tempo di cambiare i nostri ritmi e respirare ogni incontro e ogni evento dovrebbe essere il centro delle nostre aspirazioni. E prima o poi ci riusciremo sempre.
      Buona serata e buon week end a te, Nuzk. 🙂

  8. gigifaggella 15 Settembre 2015 / 15:15

    Osi chiamarlo un articolato senza sostanza? E’ un pezzo della tua vita ed è un onore per chi legge che tu abbia deciso di condividerlo come sai fare. Immagini belle e commoventi dell’affetto che ci lega ai nostri genitori, i quali possono solo restare aggrappati a noi figli per non essere trascinati via dal tempo inesorabile… Il solito abbraccio PJ…

    • pjperissinotto 15 Settembre 2015 / 23:29

      Grazie, Gigi. 🙂
      Sì i nostri genitori alla fine “si aggrappano a noi per non essere trascinati via dal tempo” 🙂 è una bella immagine che rispecchia l’essenza della vita.
      Un abbraccio!

      • gigifaggella 15 Settembre 2015 / 23:31

        Grazie PJ. Passeggio sempre con piacere tra i tuoi pensieri scritti… 😉

  9. unazzurrocielo 21 Settembre 2015 / 21:35

    l’ho letto pensando a quanta tenerezza ci sia in questo episodio che hai descritto! leggo piano piano anche gli altri post perchè sono sicura che la ritroverò anche in altri tuoi post

    • pjperissinotto 21 Settembre 2015 / 23:52

      Ti ringrazio molto, Unazzurrocielo, il tuo commento mi lusinga. 🙂
      Ti metto in guardia però. Qua e là potrai ritrovare della tenerezza, purtroppo non troverai solo quella, perché talora mi piace scrivere raccontini con qualche finale a sorpresa …
      In ogni caso … sono contento che sei passata di qua a lusingarmi. Ogni tua visita sarà per me un piacere.

      • unazzurrocielo 22 Settembre 2015 / 8:47

        racconti con finale a sorpresa?! Li adoro! Ne puoi trovare un paio nel mio blog,di racconti se ti va di leggerli , nel caso poi mi dici il tuo parere però!

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