Al bar della spiaggia

EstateCheSiChiude

Erano giorni strani quelli. Uscivo da una relazione complessa con una donna ancor più complicata. Mi aveva lasciato il sapore dell’amarezza e la sensazione nel cuore di non poter mai più sperimentare altrettanto coinvolgimento.
L’ennesimo insuccesso sentimentale della mia vita.

Non avrebbe dovuto essere così, ma quell’estate stava trascorrendo in compagnia della solitudine. Forse perché per me era l’unico modo possibile per andare avanti: ricordare piano il recente passato, per dimenticare.
Le giornate trascorrevano malinconicamente tra un bagno di sole, un bagno in acqua e la lettura. Al pomeriggio, nemmeno troppo tardi, salivo al bar in fondo alla spiaggia, con il mio libro, mi sedevo sul solito tavolo un po’ defilato dagli altri e mi gustavo lentamente un paio di aperitivi continuando a perdermi nella storia del romanzo.

Il primo giorno che venne la notai subito. Aveva un corpo perfetto, armonioso e proporzionato. L’abbronzatura uniforme, carica di caldi riflessi ambrati, esaltava il movimento continuo delle curve dei suoi lineamenti. Arrivava al bar con il suo passo elegante, arricchito da una gestualità continua, misurata e spontanea, circondata sempre da un gruppetto di bei ragazzoni prestanti.
Era affascinante vedere il modo con cui si rapportava con i suoi compagni. Con ognuno di loro nel dialogo, verbale e gestuale, esternava una familiarità e una disinvoltura che trasmettevano agio e affinità senza sfrontatezza.

Emanava dal suo essere quella serena giovialità di cui riescono a circondarsi solo quelle rare fortunate persone che sembrano aver trovato il bandolo buono della matassa della vita.
Veniva al bar tutti i pomeriggi e io facevo fatica a tenere il mio sguardo fisso sulle righe del libro. Sovente mi scoprivo a ricercare la sua immagine, per studiare le particolarità delle sue movenze, dei suoi sorrisi carichi di allegria. Mi sembrava di dover ricercare un tatuaggio lungo il suo corpo, perché la sua pelle limpida e rilucente, contrastava troppo per la sua perfezione rispetto ai corpi intorno a lei, tutti roboanti per le effigi variegate dei loro disegni. Ma i suoi costumi, spesso succinti, lasciavano spazio solo ad altra pelle liscia e levigata che si mostrava senza volgarità.

E un giorno, proprio mentre continuava a parlare con i suoi compagni, sorseggiando un bicchiere di prosecco, la vidi distintamente sorridere nella mia direzione. Fu un istante che mi sembrò durare a lungo, gli occhi puntati verso di me, le parole fluide che continuavano ad interloquire senza distrazioni con un paio dei suoi amici.
Un turbamento si ramificò lungo la mia schiena per riunirsi con un piccolo sussulto alla base dell’addome.

Passarono un paio di giorni, senza che si facesse vedere. Io leggevo. Talvolta alzavo la testa a scrutare gli avventori del locale, poi mi riimmergevo nella lettura dopo l’ennesimo tuffo delle labbra a sorseggiare la bibita del momento. Immaginavo, come spesso accade nel tardo periodo agostino, che per lei fosse arrivata la fine della sua vacanza.
Poi, invece, ritornò. Era sola. Si destreggiò con eleganza schivando i tavoli e venne nella mia direzione, un sorriso ammaliante le dipingeva il volto.

«Se mi offri un aperitivo, ti chiedo che libro stai leggendo. Anch’io adoro leggere.» – il suo fare disinvolto e il suo parlare limpido e morbido mi colsero di sorpresa più ancora dell’espressione carica di dolcezza che dipinse sul suo volto – «Piacere, mi chiamo Francesca! » – e mentre mi tendeva la mano, iniziò a fare il movimento per mettersi a sedere.

«… ti … offro volentieri … ma … ma … Mi chiamo Federica, piacere mio! » – credo di aver passato almeno cinque minuti buoni della nostra conversazione in cui l’unica cosa che riuscii a fare veramente bene fu balbettare. Ma poi, complice il suo atteggiamento sereno e colloquiale, l’atmosfera si sciolse velocemente.

Aveva occhi scuri e profondi che mi sorridevano. Vedendo il mio imbarazzo malcelato, allungò le sue mani a catturare la mia che vagava incerta e nervosa a fianco del libro. Erano calde di temperatura ed emozione. Accompagnò quel suo gesto con parole semplici, con un tono di voce basso, rassicurante e avvolgente.
Avrei presto scoperto che aveva anche un piccolo tatuaggio nascosto.

11 thoughts on “Al bar della spiaggia

  1. Diemme 22 Settembre 2015 / 21:49

    E giù col finale a sorpresa… post politically correct 😉

    • pjperissinotto 23 Settembre 2015 / 0:51

      Ormai il finale a sorpresa è un “must have” della mia vita. 😀

    • pjperissinotto 23 Settembre 2015 / 0:55

      Grazie mille, Dora! Ho piacere che non sia dispiaciuto. 🙂

      • Dora Buonfino 23 Settembre 2015 / 8:17

        Assoluolutamente! Mi è piaciuto molto! 🙂

  2. Silvia 23 Settembre 2015 / 11:09

    Molto carino questo racconto, molto fluido 🙂

    • pjperissinotto 23 Settembre 2015 / 11:29

      Grazie infinite, Silvia! Mi piace l’aggettivo fluido associato ad un racconto. 🙂

  3. camille 24 Settembre 2015 / 23:53

    Delicato. Molto molto delicato. Questo finale è il più “a sorpresa” di tutti. 😀
    Tavolate ispiratrici… 😉 😀
    Adesso per essere realmente politically correct,vogliamo la versione al maschile ugualmente delicata… 😉

    • pjperissinotto 25 Settembre 2015 / 7:14

      😀 Finale a sorpresa … è una cosa che non sorprende più. Quanto alla versione maschile sarebbe temo un’esercizio fuori dalla mia portata … ma non si sa mai …magari potrebbe venire senza finale a sorpresa e pure scorrect.
      Grazie per l’apprezzamento, Camille. 🙂

  4. gigifaggella 25 Settembre 2015 / 15:26

    Bellissimo! Certo mi aspettavo una sorpresa come tuo solito ma questa… Grande PJ!

    • pjperissinotto 25 Settembre 2015 / 19:25

      Grazie, Gigi. So che vi stancherete di tutte queste sorprese, ma prima o poi cambierò registro, per farvi una sorpresa. 🙂

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