Sosta

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Fermare il momento

A volte mi è chiarissimo che in me c’è qualcosa che non va.

Hai un appuntamento di lavoro importante, sei in ritardo, hai già percorso centocinquanta chilometri, te ne mancano un’altra manciata per arrivare dove devi arrivare. Fuori c’è una giornata limpida, un sole primaverile, le colline punteggiate di fiori che ti lasciano il dubbio di non essere fiori, ma il residuo di una polverosa nevicata notturna.

Passi una piccola collinetta e segui l’ondeggiare della strada con stanchi movimenti del volante mentre la testa è da un’altra parte. Ripensi al colpo d’occhio di qualche istante prima: la collina brulla che per qualche motivo pandemico senti che sta rinascendo nel suo primaverile splendore e ha scelto un piccolo rettangolo fiorito per fartelo sapere.

Prosegui per un chilometro, forse due, pensando alla riunione che ti attende. Ma nella testa c’è spazio solo per un rettangolo fiorito. Inchiodi, inverti la rotta, imprecando perché la macchina fotografica è stata dimenticata. Risali lo stesso la collinetta all’indietro e accosti l’auto. Ti fermi davanti ad un metro quadro di prato fiorito, scatti una foto col cellulare e stai in silenzio come quando sei stato davanti alla tomba di Jim Morrison.

Sei in ritardo.

Chissene.