La speranza della cartella

Ag_Entr

«Ma non si era detto che in questo blog non si sarebbe mai parlato di politica?»
«Eravamo d’accordo così? Davvero? Sai che non mi ricordo proprio.»
«Ne sono stra-sicuro. Quando ci siamo trovati e abbiamo iniziato a scrivere le nostre sciocchezze, avevamo detto: “Parliamo di tutto, ma non di politica.” E mi sa che ci siamo anche stretti la mano in segno di compiaciuta condivisione. E adesso? Li sento sai i tuoi pensieri che ti tradiscono! Li sento molto bene! »
«Ahhh, va bene! Se ne sei sicuro, facciamo così come dici. Niente politica!»

………

Dunque, dovete sapere che qualche hanno fa ho avuto la fortuna di poter accedere ad una delle grandi concessioni del passato. Il TFR. E non dovete credere che io abbia vissuto quel momento senza avere ben chiaro di essere un privilegiato, senza che mi sentissi profondamente un fortunato lavoratore dei tempi delle garanzie. Quelli che prenderanno il TFR, così come presto, quelli che prenderanno una pensione, saranno sempre più simili agli animali in via di estinzione. Una specie di dinosauri, con la piccola differenza che dopo centomila anni nessuno si preoccuperà mai di fare,  per mostrarlo in un museo ai bambini, il rendering di un uomo che sta per fruire del suo TFR. I dinosauri e l’Uomo di Neanderthal sono stati fortunati, hanno segnato la storia e ancora oggi c’è chi si preoccupa di sapere che aspetto potessero avere. L’Uomo del TFR, invece, non susciterà di sicuro l’interesse degli archeologi del futuro.

Bene. Il pensiero di quanto privilegiato io sia stato nel passato aveva già occupato l’angolo del dimenticatoio che gli spettava (anche perché da buon semi disoccupato, il TFR si è naturalmente essiccato molto velocemente), quando un paio di settimane fa il ricordo è riaffiorato. Nella vita leggo troppo poco, ma quando leggo, lo faccio sempre con grande attenzione. E, preferendo alla lettura di un bel romanzo, quella di questa lettera che mi era arrivata con tutte le raccomandazioni del caso, devo dire la verità, sono rimasto veramente sorpreso. C’era vera poesia in quelle parole. Magari ad una prima lettura frettolosa sarebbero potute sembrare asciutte e fredde, ma dietro a quelle sillabe unite tra di loro c’era molto di più. C’era una cura meticolosa nel raccontare con dolcezza che quando ti arrivano dei soldi devi sentirti fortunato, se poi te li danno con una tassazione ridotta devi gioire ancor di più perché non fa nemmeno cumulo con gli altri tuoi redditi, ma la verità più profonda nascosta tra le righe è che non devi preoccuparti mai di niente, perché chi si trattiene il dovuto per conto dello stato, non è tenuto neanche a fare i conti giusti, perché sei in buone mani e il lieto fine è sempre garantito.

Ed infatti, ecco che compare magicamente tra le righe della lettera una specie di Superman senza macchia e senza paura che finalmente riuscirà a fare il calcolo definitivo che ovviamente tiene conto di tutto quello che hai fatto nella vita per lo Stato. Nello spazio di poche parole l’eroe ti dà certezze e fa passare in secondo piano il fatto che il calcolo definitivo dice che dovrai adoperarti in futuri pesanti versamenti.

Qualche giorno fa, passavo in autostrada all’altezza della deviazione per il casello di Desenzano. Più o meno a metà del tragitto tra casa e ufficio. Lì sono stato  assalito dalla consapevolezza che da allora in poi sarei dovuto passare altre sessanta volte davanti a quella deviazione per poter racimolare tutti i soldi per quei versamenti. Non per comprarmi un vestito, una camicia o una maglietta. Non per comprare un mazzo di fiori per una ipotetica donzella (non temete ragazze, non mettetevi in coda, non sarebbe comunque successo 🙂 ).  Passerò lì davanti sessanta volte per aver osato prendere un TFR quattro anni fa, senza accantonarne il cinquanta per cento per il trionfale arrivo di Superman. Anche perché io faccio parte di quella larga maggioranza di persone che pensano: “Se c’è da pagare qualcosa, la si paga. Punto.”.

Sembra incredibile ma di tutta questa vicenda mi è rimasta una semplice, grande speranza. Sì, per carità, mi piacerebbe molto se quei soldi, che già ho iniziato a pagare, servissero per qualche pensione, o per pagare qualche lavoratore pubblico. Magari uno dei tanti frequentatori di questo mondo blog. Mi farebbe davvero, sinceramente, molto piacere.
Non nascondo che sarei comunque contento anche se alla fine quei soldi fossero utilizzati per far del bene a qualcuno con una operazione di chirurgia estetica passata dalla mutua per invertire le unghie degli alluci con quelle dei pollici rovinate dall’uso del detersivo per i piatti.

Però lasciatemi fare un passaggio veloce nel terreno fertile del Politically Scorrect. La mia speranza più vera sarebbe quella di vedere quei soldi finire direttamente ad uno di quei funzionari dello Stato che sono chiamati a decidere dei prelievi sui redditi delle persone. L’ideale sarebbe uno di quei funzionari che sono stati messi al loro posto da qualche politico di turno quindici anni fa, e continuano ad essere al loro posto, nonostante il loro politico protettore sia già caduto in disgrazia.

Ma, neanche a dirlo, quando io spero, spero le cose proprio in grande, e non mi va bene che il mio versamento finisca nello stipendio di uno qualsiasi di quei funzionari. No. Ne voglio uno ben preciso. Voglio che i soldi vadano a quel tecnico del fisco, quello bravo che ha imparato ad impilare i barili, per essere sicuro che quando ha finito di raschiare un fondo, è già pronto per raschiarne un’altro all’occorrenza. Proprio quello che, quando il politico di turno, gli chiederà la prossima volta:
«Abbiamo bisogno di recuperare mille miliardi nei prossimi sei mesi.» Lui si girerà con la solita tranquillità e inizierà a pensare a quale annata di TFR o di buonuscite dei licenziamenti gli potrebbe rendere di più. Ma poi improvvisamente sarà colto da un’illuminazione geniale, tipo quella che mi ha preso passando all’altezza del casello di Desenzano. Rimarrà immobile cinque secondi e poi si girerà indietro verso il suo politico interlocutore e gli dirà con la stessa decisione e dolcezza della lettera che mi hanno spedito:

«Ma voi? Che cazzo ci dovete fare con tutti ‘sti soldi?»