Soldato

Soldati

Sono in pausa pranzo in un locale molto affollato. Mi avvicino quel tanto che basta alla televisione per riuscire a sentire le notizie, perché il vociare degli avventori continua nonostante le scene truculente che scorrono al telegiornale. Come dare loro torto se continuano a discutere i loro affari? In fondo quelli dall’altra parte della telecamera distesi immobili nel loro sangue sono il nemico, gente che fa del cellulare ultimo grido l’idolo da venerare, mentre qui le persone muoiono di fame. Sullo schermo scorre veloce una sovraimpressione che sancisce il numero di vittime: 87 di cui 45 civili.

Ibrahim è stato bravo, penso tra me e me, ottantasette è un numero niente male, è quarto nella classifica di sempre; del resto si vedeva bene che era incazzato, aveva perso tutta la sua famiglia: moglie, figlio e tutti i fratelli. E quando non hai più niente a questo mondo, chi ti ferma più? Due giorni fa lo avevo incontrato, occhi fieri e determinati, concentrato su quale sarebbe stato il punto preciso e il momento ideale in cui farsi esplodere. L’odio azzera la paura. Quelli come lui non falliscono e rendono semplice il nostro compito.

Il nostro compito … Un tempo c’erano le guerre anche qui, un tempo si andava al fronte e si combatteva, si impugnavano le armi e si faceva morire o si moriva. Si mutilava o si rimaneva mutilati. Oggi è diverso, se crei una linea immaginaria dove combattere quelli ti mandano tutto l’arsenale che hanno e cancellano i tuoi soldati e tutto il fronte. E non rimane niente, prima ancora di poter dire “la guerra è iniziata”.

I miei superiori sono stati sempre chiari: se vogliamo che il nostro popolo si affranchi da questa vita di stenti servono soldi e armi e ancora soldi. E nessuno è disposto a dare abbastanza denaro se non porti avanti una guerra. E una guerra esiste solo se ci sono dei luoghi precisi in cui il sangue dell’uomo viene versato; non importa dove ciò avviene, l’importante è trovare questi luoghi anche al prezzo di farsi saltare in aria … Oppure bisogna aspettare nel dolore che il nemico si sciolga lentamente nel vuoto dei suoi valori.

Non oso raccontare a nessuno il sogno che insistentemente torna a tormentarmi tutte le notti da alcuni mesi; nel sonno vedo l’unico vero fronte, quello su cui dovrebbero confrontarsi i nostri popoli. Io vago per la periferia delle nostre città: miseria, fame, malattie e dolore. Le truppe nemiche avanzano e i soldati posizionano le loro artiglierie dando comandi frenetici nella loro incomprensibile lingua e subito intorno a noi inizia a piovere una gragnuola fittissima di pani e altri viveri, medicine e bottiglie di acqua. In molti cadono senza vita colpiti a morte dagli oggetti lanciati dal nemico; finalmente hanno finito di soffrire. Terminato l’attacco i superstiti seppelliscono i morti mestamente e raccolgono i viveri e i medicinali per cominciare una nuova vita e la guerra finisce. I pezzi dell’artiglieria del nemico sono inservibili, vengono abbandonati con i loro percussori grondanti mollica di pane e sono pronti per essere trasferiti nei nostri futuri monumenti ai caduti.

Mi libero dai miei sogni prima di rientrare nell’ufficio dove mi sta aspettando il prossimo soldato. Qualcuno li seleziona, io li motivo, altri ancora li preparano e infine qualcuno li segue da lontano mentre arrivano al loro obiettivo. Una catena di montaggio: nessuno potrebbe sobbarcarsi da solo il peso di portare a compimento il percorso di questi proiettili umani. Iniziano a scarseggiare, un tempo il costo più alto era l’esplosivo dei loro zainetti, ora sono loro la merce preziosa; anche la qualità inizia a diventare un problema. Gli Ibrahim sono cosa rara … Quello di oggi, non voglio neanche conoscere il suo nome, non sono dello spirito giusto, non ha nessun motivo per andare a schiantarsi contro il nemico. Non voglio sapere quale torto ha commesso per essere lì. Gestisco la discussione con un po’ di maestria dopo aver letto poche note della sua scheda personale; lui mi osserva con la fronte già imperlata di sudore, può voler dire tutto, si sa, ma quelle gocce, mi fanno capire perfettamente quale sarà l’esito di quella azione. Lo rassicuro parlando della pensione che riceverà la sua famiglia, potrà essere una bella cifra se il risultato sarà particolarmente positivo; non gli dico che è normale che nel caos di questi tempi già dopo due o tre mesi si perda traccia di chi ha diritto a qualcosa. Di certo scoraggerò l’idea che si erano fatta su di lui, un esperimento dicevano: volevano installargli webcam e auricolari e volevano guidarlo da lontano, passo passo fino all’obiettivo finale, fino a farlo saltare in aria da remoto. Lo congedo con un sorriso di incoraggiamento.

Poi mi lascio cadere sulla poltrona e osservo in alto sopra la libreria la confezione del mio nuovo smartphone. Mi è stato regalato dai superiori come premio per il lavoro svolto; ora è ancora lì, imballato, intatto, mi fissa continuamente da alcuni mesi a questa parte, vuole essere aperto …

6 thoughts on “Soldato

  1. cavaliereerrante 9 Aprile 2015 / 6:42

    Ciao @Pjper ….. ha ragione la fulgida ( ed alacre ) @Diemme : leggerti è un piacere, ed è acqua limpida e rigenerante per la Memoria ! 🙂

    • pjperissinotto 9 Aprile 2015 / 7:36

      Ciao @Cavaliere, la nostra fulgida @Diemme ha ragione su molte questioni, lo sappiamo, e considero un onore averti ospite in questo spazio, anche perché leggo sempre con estremo piacere la poesia dei tuoi commenti. Grazie! 🙂

  2. Giulia Bezzi 28 Maggio 2015 / 11:15

    E’ davvero una visione che sento di poter comprendere e ti ringrazio: è una risposta ad uno dei miei tanti perché

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