Cercare noi stessi

Cercare

Leggo da Wikipedia che nel settembre ’97 è stato registrato il dominio di Google, mentre la società è stata fondata circa un anno dopo. Posso dunque ritenermi uno dei pochi fortunati personaggi della storia dell’umanità che sono nati nel periodo giusto per vedere nascere uno dei miti della modernità.

Ricordo ancora gli albori di quel periodo in cui di contenuti in rete non ce ne erano poi tanti e il motore di ricerca era uno strumento davvero utile per scovare la risposta buona alle domande più disparate. La questione più ammaliante di quel tempo un po’ pionieristico, mi verrebbe da dire non dissimile a come deve essersi presentata la Corsa all’Oro non tantissimi decenni prima, credo possa essere ricercata nel fascino della scoperta continua, della assenza di regole e della competizione ridotta.

Quando leggo qualcuno rimembrare le sue esperienze di blogger di vecchia data, con alle spalle dieci e più anni in questo mondo articolato e ricco della creazione di contenuti, non vi nascondo provo vera invidia e molta ammirazione. Credo che la Corsa al Web sia stato un momento epico e, per chi ne ha fatto parte attiva, credo sia un diritto inalienabile il potersene fregiare.

Non mi dilungo oltre nelle premesse. Lavoro nel mondo web si potrebbe dire dalla sua nascita e ho visto crescere il Motore di Ricerca da quando non era il solo padrone della piazza. E ho visto evolvere la Rete da quando era una accozzaglia spontanea e senza regole di esigenze inespresse fino ad oggi in cui il superfluo, il ricco e l’effimero regnano sovrani. Un tempo Google era un utile strumento. Oggi è indispensabile. E’ così indispensabile da non essere nemmeno più uno strumento. Oggi è più simile ad un baricentro.

Assieme e intorno a lui è nato e si è consolidato un articolato agglomerato di luoghi virtuali di ritrovo e di interscambio. La Rete oggi ha degli impatti che nemmeno immaginiamo nella loro devastante portata sul nostro umore, sugli affari nostri e delle nostre aziende, sui nostri desideri e la possibilità di realizzarli, sulle nostre potenzialità inespresse e su quelle che esprimiamo a vuoto. Quando ci penso con un po’ più di profondità provo sensazioni molto simili a quando mi avvicino ad uno strapiombo. Perché io soffro di vertigini.

Per lavoro, cerco spesso sui motori di ricerca, soprattutto aziende, e mi capita di vedere imprese solide e affermate comparire molto in giù nei risultati, a volte molto dietro a piccole realtà, che, se vai ad indagare un po’, sono poco più di un piccolo ufficio. Invece non mi cerco mai personalmente sui motori di ricerca. L’idea di scoprire la fetta insignificante di me che può essere mostrata da chi non mi conosce, mi inquieta un po’. Tuttavia sono cosciente che il Web è un luogo dove, in un modo o nell’altro, si confrontano inevitabilmente le apparenze di tutti quelli che lo abitano. E ovunque ci si trovi virtualmente, a parte quando ci scambiamo messaggi privati, ci si confronta sempre con la mediazione di qualcuno che dipende solo da sé stesso.

L’esperienza blog ha come effetto marginale, ma interessante, quello di farci vedere le dinamiche dietro i motori di ricerca. Ogni tanto sbircio le sparute statistiche di accesso al mio blog. Mi incuriosisce vedere che talora gli accessi al blog arrivano proprio dal Motore di Ricerca. La cosa curiosa è che all’inizio di questa mia scribacchina avventura, con molti meno articoli a disposizione e meno accessi, gli ingressi a partire da Google erano decisamente numericamente più di oggi.

La mia indole naturalmente portata a prediligere il romanzato complotto alla più semplice verità vorrebbe convincermi che dietro al calo degli accessi originati da Google ci sia un raccontino, vagamente anti-Facebook, che ho pubblicato a gennaio. Ovviamente non è affatto così. Avrò scritto male i miei testi o avrò pubblicato troppo poco o troppo oppure semplicemente il caso gioca il suo peso statistico senza curarsi del mio sbirciare sulle statistiche del blog.

Tuttavia credo sia evidente a tutti. Perché non credo di essere un caso isolato. Stai cercando urgentemente un’auto su Google perché la tua è irrimediabilmente guasta, entri in Facebook dieci minuti dopo e magicamente ti vengono presentati post sponsorizzati che ti propongono delle auto. Non auto qualsiasi. Proprio dello stesso modello su cui ti stavi orientando. 🙂 Ascolti una musica su Youtube e ovunque navighi ti vengono proposti album o concerti dello stesso gruppo. Vai su Subito.it a cercare qualche inutilità e ti ritrovi poco dopo sul Motore di Ricerca con le tue parole chiave che vorrebbero mirare a tutt’altro argomento, ma i primi link della ricerca ti presentano proprio il tuo recente passato virtuale.

Quando penso a questi articolati intrecci entro in uno stato di profonda incertezza. Non mi sento di dare nessun giudizio a quel che vedo, capisco le difficoltà della sintesi dei risultati nell’affollato mondo web di oggi e mi sono molto chiari i benefici che possiamo avere dal nuovo mondo, ma nel contempo credo che prima o poi si dovrà dare un verdetto per tutto questo. La Rete sembra ormai presentare una sua anima, pur senza averne una. Sembra comportarsi quasi come quegli amanti che raccolgono tutti i desideri più futili dell’amato, per accontentarlo e accudirlo con mille attenzioni in ogni più piccolo, ordinario capriccio, ma che con lui non riescono a costruire nulla di originale e solido.

E più di qualche volta mi capita che, se sto cercando qualcosa che so che esiste ed è davvero particolare, se sono fortunato lo trovo alla ventesima pagina dei risultati della ricerca o addirittura non lo trovo proprio. Ma ai tempi della Corsa al Web garantisco che non era così. Io c’ero.

La nuova figura dell’eroina

Eroina
Divergent, degenerazione sociale e la figura dell’eroina oggi

Nella storia del cinema e della letteratura si sprecano sicuramente gli esempi di eroi ed eroine che hanno acceso l’immaginario collettivo. Negli ultimi anni tuttavia ho la sensazione che qualcosa stia cambiando. C’è una maggiore attenzione alla figura dell’eroina e una sua caratterizzazione molto più particolareggiata. E in generale la figura dell’eroina si sta molto differenziando da quella dell’eroe.

Gli eroi maschi sono sempre più spesso ancorati a stereotipi che li portano ormai ben oltre la dimensione muscolosa e attiva di gesta così straordinarie e fuori dalle reali capacità umane, da renderli quasi delle caricature di fumetti d’altri tempi.

Le eroine di oggi, quali ad esempio quelle che compaiono nei romanzi di Stephenie Meyer (Twilight, The Host) e di Veronica Roth (Divergent) e negli omonimi film, invece, celebrano una figura di eroe al femminile che ha uno spessore estremamente più moderno e ricco.

Certo si potrebbe pensare che le autrici in questione e gli altri autori/registi che stanno lavorando sulla figura dell’eroina abbiano trovato solo un filone originale per lo sviluppo dei loro soggetti. Io credo tuttavia che dietro questo piccolo fenomeno culturale ci sia qualcosa di più profondo. Una specie di bisogno sociale di affrontare i temi latenti e i problemi della nostra società con uno spirito nuovo.

Proprio la figura femminile con le sue mille sfaccettature, le sue incertezze, la sua sensibilità e la sua forza è il veicolo perfetto per uscire dalla analisi dei problemi verso una nuova soluzione. Credo che la grande invenzione, che ha reso opere come quelle citate dei grandi successi, stia proprio nell’aver iniziato a tracciare una figura eroica molto realistica, e a tratti quasi esageratamente femminile, come nuovo canone di proiezione del nostro immaginario collettivo.

E credo che, come sempre, tutto questo abbia delle basi e dei riflessi fortemente legati alle nostre quotidiane percezioni.

Gli hashtag

Rovinare le opportunità

Le mode e la loro morte

Una delle più grandi innovazioni della comunicazione social recente è l’uso dell’hashtag. E l’autore di questo articolo, sia chiaro, oltre a non farne uso, non ne conosce bene le potenzialità. 🙂 Ma la riflessione di chi non capisce niente e spesso si limita solo ad osservare cosa succede in giro, è semplice. Perché bisogna inserire troppi, innaturali simboli cancelletto (#) nel nostro già difficile tentativo di comunicare con chi ci sta vicino? Li inseriamo perché siamo così convinti di essere il centro dell’universo, perché abbiamo qualcosa di realmente universale da comunicare all’umanità? Oppure li inseriamo perché siamo vittime di regole che ci vorrebbero far diventare macchine comprensibili alle macchine, solo perché le macchine non sono ancora in grado di comprenderci?

Quando l’uomo cede alla propria illusione di essere centrale, quello è il momento in cui rischiamo di inondare questa terra soprattutto di sovrabbondante spazzatura. Stiamo disegnando il nostro mondo virtuale ad immagine e somiglianza di quello reale. Ma si potrebbe fare meglio.