Il tempo asincrono

Questione_di_tempo

Per quanto ci si muovesse con circospezione nel nostro mondo, il tempo in cui vivevamo era sempre un po’ disgiunto dai nostri sentimenti e dai nostri desideri. Ci avvicinavamo ad un passaggio importante della nostra vita e la sua intensità cresceva limitata e asintotica, perché non eravamo mai completamente presenti a quel momento. Esistevamo, lì, vicini l’uno all’altra nello stesso istante, ma nel contempo, era come se tutto ci sfuggisse  via lasciandoci con il sapore delle cose incomplete e delle occasioni perse.

Era un po’ come vivere un sogno carico di emozioni, ma dai contorni drogati e sfocati. Ogni evento aveva in sé la perfezione, ma eravamo in continua tensione verso il passato o verso il futuro, mai verso il presente. Perché accadesse questo con le nostre vite non lo sapevamo, né sembrava esserci modo per risolvere l’enigma che portava ogni istante del nostro affetto lontano dalla dinamica oscillazione dei nostri sentimenti.

Io credo fosse soprattutto paura del futuro. Paura che il tempo ancora lontano potesse cancellare la gioa del momento presente. E ogni carezza era intrisa dell’ombra di quell’improbabile futuro.

Poi, un giorno, invece, non fu più così.

Immagini dal futuro

Immagini_Dal_Futuro

Era domenica sera. Fabio, come sua abitudine, stava scaricando le riprese delle telecamere personali dell’ultima settimana. La vita stereoscopica dei suoi ultimi sette giorni sarebbe lentamente fluita nella chiavetta del suo computer. Poi sicuramente avrebbe rivisto i momenti più coinvolgenti sulla televisione 3D di casa, cercando di fissare ancor più nella memoria le emozioni di ogni passaggio.

Quasi per anticipare il piacere dell’imminente visione stava scorrendo le immagini della sua cena con Laura di mercoledì sera. Era davvero incantevole. Il suo sguardo magnetico lo lasciava sempre in uno stato di ammaliata dipendenza, al punto che il suo corpo sinuoso e armonico perdeva completamente di importanza.

Certo, qualche volta, riguardando le riprese, scopriva con sorpresa e un po’ di malcelata vergogna che il suo sguardo divagava, piombando fugace e pesante a scrutare le curve di Laura, per poi risalire di nuovo al suo volto. In quei momenti lo assalivano sensi di colpa per i suoi istinti animaleschi e, allo stesso tempo, il rammarico per non essersi attardato di più ad ammirare il suo corpo. In fondo presto, ne era certo, sarebbe stata la sua donna. E forse addirittura lo sarebbe stata per sempre.

Ora le immagini presentavano Laura sempre più grande. Lei aveva appena fatto una battuta simpatica e lui le si stava avvicinando per sfiorare le sue labbra. Risaltava sullo schermo la bellezza e la profondità del suo sguardo e spiccavano le due piccole minitelecamere posizionate appena a lato dei suoi occhi luminosi. Lei era una di quelle bellezze naturali che disdegnava i trucchi pesanti e i ninnoli di contorno al volto, ma aveva un’unico vezzo. Cambiava ad ogni uscita le cover delle sue telecamere e le abbinava a lenti a contatto colorate creando a volte contrasti spiazzanti, a volte armonie ammalianti.

Ora si stavano di nuovo allontanando dopo il fugace bacio. A Fabio, quel tipo di scene, riviste nel futuro dopo averle vissute dal vivo, generavano sempre un fondo di tristezza a cui non riusciva ad opporsi. Era un po’ come rivivere un’emozione forte avendola svuotata completamente dal contatto e dal calore che l’avevano generata. Pensò in quell’istante che prima o poi le persone avrebbero smesso di avvicinarsi mentre registravano, perché il rivedere la tenerezza vissuta da protagonisti, senza riprovarne i rintocchi sui sensi dell’agire, avrebbe svuotato i loro sentimenti.

Scacciò quello scomodo movimento dell’animo ripensando a Laura e a quello che gli aveva raccontato proprio in quella cena. Anche lei era solita scaricare i video della sua settimana alla domenica, alla fine della serata. Fu colto dall’intuizione che anche lei fosse proprio in quel momento davanti ad uno schermo a rivivere quel loro bacio fugace e si sentì invaso nuovamente da una tenerezza commossa.

   ……

Il bel volto di Stefano era sotto di me ma non lo vedevo. I miei occhi erano chiusi ed ero persa in un luogo senza tempo e senza spazio. Il palo su cui stavo salendo e scendendo con tutta me stessa, mentre lui accarezzava dolcemente le mie curve, era piuttosto rigido. Peccato solo che nelle riprese non si sarebbe visto.

L’Amante

Amante

Lo vedo da lontano, cammina senza convinzione, spingendo i passi in direzioni sempre un po’ diverse. L’argine lo vincola a seguire un flusso, un percorso in qualche misura obbligato che lo porterà al ponte successivo. Lì potrà decidere di tornare indietro o proseguire ancora, fino al collegamento seguente verso l’altra sponda. L’altra riva del fiume, il luogo dove lei sta aspettando, invece, sembra troppo lontana per il suo incedere.

E se non fosse sull’argine, se fosse su un prato di erba tagliata di fresco, il suo passeggiare disegnerebbe solo un cerchio malfermo, fatto di accelerazioni e di soste, di scostamenti laterali e di sguardi verso il vuoto.

Lo vedo da lontano e capisco che è indeciso, ma non è una esitazione dettata dal ricordo concitato del suo membro dentro di lei o dal calore ancora acceso di una carezza di lei sulla sua guancia, è un’incertezza piena di pensiero. Si ferma e rivolge il volto al fiume, ma non vede le increspature sull’acqua che spezzano la morbida sequenza del canneto. Non vede il topolino che rincorre la riva cercando la tana e non vede sul pelo della superficie i cerchi concentrici con cui la libellula azzurra sta giocando. Il suo sguardo è meccanico, guarda lontano i pro e i contro di una situazione che non governa. E riparte con il passo malfermo verso il ponte che non varcherà.

Chiudo gli occhi e mi sembra di vederlo da vicino, il volto teso e le guance rubizze cariche di tensione. Vuole uscire dai capillari della pelle per liberare finalmente la sua mente dai pensieri. Essi sono affollati dai lunghi capelli biondi e dal fascino delle espressioni di lei, dai tratti originali del suo volto, dall’eleganza con cui le caviglie si innalzano verso le gambe e dalla profondità del suo sguardo. Ma anche se i suoi pensieri parlano di tutto questo non riescono a non concentrarsi su quello che sarebbe giusto fare, ragionevole per lui e per la sua storia di uomo, su quello che il resto del mondo si aspetta che lui faccia e su cosa succederebbe fra qualche anno di tutte quelle immagini di lei che gli affollano la mente. E vedo anche la sua paura proiettare quello che lei penserà di lui quando il magico desiderio dell’imprevisto avrà lasciato il posto alla consuetudine della vicinanza.

Ho gli occhi chiusi e comunque lo sento arrivare alla soglia del ponte, lancia una rapida occhiata verso l’altra sponda con la testa sempre china e lo vedo invertire la rotta. Sembra per un attimo aver preso coraggio, sembra camminare più deciso e spedito, forse preda di un fugace benessere suggerito dalla convinzione che decidere qualcosa sia più importante di lasciare il ricordo di lei vagargli nella mente su quell’argine punteggiato di sparuti podisti. Ma bastano pochi passi decisi, che subito si fanno avanti i passi indecisi, quelli di prima, che rallentano e fanno pensare. Anche se una decisione è già presa, ce ne è un’altra che potrebbe sostituirla. E lo seguo mentre avanza verso di me, che mi tengo in disparte senza nascondermi.

Apro gli occhi. La panchina dove sono seduto è a poche decine di passi dall’argine dove lui sta passando. Ma non mi vede, perché vede solo i suoi pensieri, i pro e i contro, senza riuscire a vedere la gioia che gli potrebbero dare le immagini di lei che gli affollano la mente. Mi oltrepassa e arriva lento ai bordi della discesa, dove l’auto l’aspetta per portarlo lontano dai suoi desideri.

L’amante di mia moglie si perde ogni giorno, per sempre, qualcosa di importante.

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Aiutare a ricordare

Oggi è sabato.
Come tutti i sabato da molti mesi a questa parte Frank non riusciva più a dormire. Gli altri giorni della settimana non aveva particolari problemi. Sabato no. Se avesse continuato a non dormire in questa maniera così travagliata, avrebbe sicuramente fatto cambiare giornata o almeno la modalità di invio degli avvisi agli utenti.

Nemmeno sapere che il suo stipendio era raddoppiato da quella volta, sapere di potersi permettere nuovi lussi gli lasciava spazi per dormire.

Avevano detto che era stato incredibile. L’idea di avvisare il mondo di tutti i compleanni imminenti … Un vero colpo di genio. E il genio, in aziende come questa, viene premiato.

Questo sabato stava ancora peggio del solito. Lunedì aveva assistito ad una conferenza del management dell’azienda sullo stato di tutte le principali iniziative. Alla sua idea erano state riservate ben tre slides. Con i numeri. Il numero di messaggi di auguri censiti era impressionante. A leggerlo al centro della prima slide, a fianco della cifra con gli introiti indiretti di quella iniziativa, avrebbe potuto far tremare i polsi, ma ormai, su di lui, quei numeri non facevano più colpo. A turbarlo era stata la seconda slide con il numero stimato di nuove coppie che si erano formate grazie alla sua idea geniale: il reminder compleanni. E ancor di più il numero di bambini che esse avevano prodotto. L’analisi automatica dei messaggi e dei post della rete aveva identificato chiaramente che almeno 6.818 nuovi bambini erano nati indirettamente grazie alla sua idea. L’almeno era sottolineato doppio e aveva un font più alto di tutte le altre parole della slide ed era seguito, più in piccolo, da un altrettanto inquietante in rapida crescita.
Quella slide era lì perché doveva essere il momento ilare della presentazione, il relatore si era divertito e con lui tutta la platea quando aveva indicato Frank con un gran sorriso e il braccio teso, dicendo che si sarebbe potuto dire che Frank era un po’ il papà di tutti quei 6.818 bambini. Tutti si erano girati a fissarlo con larghi sorrisi sornioni, come se lui fosse stato l’inventore di un giocattolo innocuo, una specie di liquidator che invece di sparare acqua o bolle di sapone, fosse stato predisposto per essere riempito di sperma.

La slide successiva lo aveva steso definitivamente. Recitava con soddisfazione che l’unico effetto collaterale erano state quelle sole 125.167 persone in tutto il network che avevano smesso completamente di fare auguri ai loro amici a seguito dell’inizio della nuova campagna di reminder compleanni. Rispetto ai benefici generali, una conseguenza trascurabile.

Insomma tutto un vero successo. A parte la sua insonnia del sabato, ovviamente.

Il Tir dentro al racconto

In_autostrada

Il primo racconto parla di sé

Ho deciso di inaugurare una raccolta di Racconti Lampo per il mio blog. A dire il vero, queste idee originali, mi vengono spesso quando viaggio e il problema arriva dopo, al momento del rientro a casa alla sera, perché sono davvero troppo stanco per dare loro seguito. E tutto rimane confinato nello spazio angusto della mia esistenza mobile.

Oggi però, me la sento proprio, sarà diverso. Questa volta non mi fermerà niente e nessuno e darò finalmente inizio a questa lunga sezione di racconti brevissimi. Pare ne sia convinto anche il Tir che mi scorre accanto lungo l’autostrada. Dapprincipio non me ne accorgo neppure, perché la musica di “You Shook Me All Night Long” inonda l’abitacolo della mia auto conciliando i miei ragionamenti. Ma poi, per un attimo solo, lo sento bene. E’ tutto piegato verso di me, plasma con la sua energia il tettuccio della mia auto come fosse una pellicola di stagnola ed ora vuole entrare dentro la mia testa per fare il protagonista del mio primo racconto.

Vorrei non lasciarglielo fare, ma, inevitabilmente, non posso.